Novembre 14 2015

Attacchi a Parigi: il chiasso degli esperti da salotto

Io che ho vissuto e lavorato in posti lontani, resto in silenzio per rispetto dei morti. Questa è una tragedia non un’occasione per farsi pubblicità.

Oggi voglio parlare a voi, che dalle poltrone comode, dalle vostre scrivanie lucide, parlate degli attacchi a Parigi. Voi che al massimo siete andati in vacanza in Egitto e perciò avete scritto sul CV “esperienza all’estero”. Voi che lucrate sulla morte senza rispetto, senza strategie, solo con frasi apocalittiche per un elettore in più. Sì, dico a voi che fate gli esperti di politica internazionale perché usate la curcuma e mangiate il cous- cous.

Adesso però parlo io: l’esperto di politica internazionale.

Io ho sentito l’esplosione, io ho visto una nuvola nera di polvere e detriti, io ero in un taxi con un uomo al volante ad ISLAMABAD, da sola. Io ero lì a lavorare e il venerdì pomeriggio volevo andare dal parrucchiere al Marriot, ma prima passare a ritirare i panni alla lavanderia, dove però è arrivato prima l’attentatore che si è fatto esplodere proprio lì dentro. Io ho lavorato in Pakistan, in Sierra Leone, in Libano, nella Repubblica di Macedonia, in Tunisia, in Libano. Ho lavorato con ministri panzoni e menefreghisti che venivano nel paese solo per le riunioni con i funzionari del ministero degli esteri perché “portano soldi”. Ho visto gente sorridermi, preoccuparsi perché mangiavo poco, prepararmi la paella in Pakistan portarla in bicicletta nel contenitore “preso in prestito” ad un diplomatico danese. Sono andata sulle montagne tra il Pakistan e l’Afghanistan per inaugurare un progetto e ho trovato silenzio e grandi sorrisi. Ho visto palazzi crivellati a Freetown e bambini venirmi incontro con una gamba sola per chiedere una caramella. Ho visto gente pregare il loro Dio perché ci fosse un mondo migliore.

Esperti che incitano  all’odio razziale. Brandire la spada della guerra di religione per un retweet in più.

Per il mio commento di politica internazionale sugli attacchi di Parigi, aspetto. Sì aspetto nel rispetto del dolore di quelle famiglie che non hanno più i loro cari. Aspetto che gli investigatori ci dicano di più.
In Italia è sempre così, il circo dell’esperto da salotto che non ha mai stretto la mano a nessuno che magari ha la colf filippina e allora si pensa uno multiculturale. Quelli che dicono: “dobbiamo andare in guerra”. (Giorgia Meloni dichiariamo guerra all’ISIS) Chi ci va? Tu con tutta la tua poltrona e a fare cosa?

Il terrore, quella sensazione che si ha dentro che qualcosa di tuo, di veramente tuo ti viene rubato e non lo puoi riprendere, non la puoi capire tu: politico che pensi che i perpetuatori degli attacchi di Parigi sbarchino a Lampedusa  (Salvini è convinto che si siano stipati sui barconi) e non la puoi capire tu che dici Daesh non sapendo che è l’acrononimo arabo di ISIS e quindi dici sempre lo stesso nome. La problematica dello “stato islamico” è complessa non si risolve con le bombe o incitando la caccia alle streghe. Ma oggi non è il giorno di fare analisi, oggi è il giorno del rispetto, della preghiera e del silenzio.

 

 

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Pubblicato Novembre 14, 2015 da barbarafaccenda nella categoria "Europa", "politica internazionale

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Esperto politica internazionale

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