Gennaio 17 2016

Balcani a rischio ISIS

Balcani

Nei Balcani molti religiosi islamici si radicalizzano. Le connessioni con il crimine organizzato e le crisi di legittimità delle istituzioni facilitano il diffondersi dell’estremismo violento: l’ISIS ci sguazza.

Per i militanti dell’ISIS, i foreign fighters che vengono dai Balcani rivestono una particolare importanza visti i legami storici con l’Islam. La loro terra è vicina alle altre dell’Europa occidentale e le dispute etniche nella regione rimangono  appena sotto la superficie. Un video diffuso nel giugno del 2015 dal centro d’informazione dell’ISIS, l’Hayat Media Center, per esempio, enfatizza l’importanza strategica della penisola balcanica per lo stato islamico analizzando lungamente il significato storico che i musulmani dei Balcani hanno avuto nello sfidare “i crociati europei” durante l’impero ottomano, così come le durevoli avversità durante i regimi di Enver Hoxha e Josip Broz durante il comunismo di Tito, rispettivamente in Albania e Yugoslavia. In uno degli ultimi numeri di Dabiq, la rivista in inglese dell’ISIS, l’organizzazione continua a riferirsi all’importanza dei Balcani e chiama i suoi seguaci nella regione a condurre attacchi.

La radicalizzazione religiosa islamica nei Balcani

Le comunità musulmane in Albania, Kosovo e Bosnia praticano una visione moderata dell’Islam, basata sulla giurisprudenza Hanafi e sulla tradizione Sufi ereditata da decadi di regno ottomano. Tuttavia, gli sforzi guidati dai sauditi in seguito alla caduta dei regimi comunisti hanno cercato di fare dei Balcani un bastione della pratica delle dottrine salafiste ed wahhabiste. Uno dei risultati di questo processo è che negli ultimi due anni, più di 1000 foreign fighter dai balcani dell’ovest si è unito all’ISIS. Queste reclute provengono dalle comunità musulmane in tutta la regione incluso l’Albania, il Kosovo, la Bosnia Herzegovina, la Serbia ed il Montenegro.
L’anno scorso le autorità nella regione hanno condotto una serie di arresti di gruppi ed individui presumibilmente coinvolti nell’ispirare e facilitare il flusso dei foreign fighter verso lo stato islamico. In Albania, per esempio, le autorità hanno intrapreso una serie di operazioni di sicurezza nel marzo del 2014 contro una presunta rete di reclutatori basati in due moschee nei sobborghi di Tirana e hanno arrestato 9 individui per aver facilitato il reclutamento e finanziamento di attività terroristiche. Tra questi individui, due imam strumentali nella radicalizzazione dei seguaci del gruppo. In più, dall’agosto del 2014, le autorità di sicurezza in Kosovo hanno arrestato ed interrogato più di 100 individui durante  investigazioni sul reclutamento del giovane albanese e due donne del Kosovo per l’ISIS. Operazioni simili sono state condotte in Macedonia, Bosnia, Serbia.

Restano aperte le questioni circa la continuità della dottrina religiosa conservatrice in queste aree e i modi attraverso cui è utilizzata per stabilire roccaforti di supporto tra le comunità più piccole. Sebbene molti dei paesi in questa regione restano entusiasti di entrare nell’Unione Europea, alti livelli di corruzione e crimine organizzato hanno creato un ambiente in cui le ideologie più conservatrici si diffondono, specialmente in paesi con popolazione a predominanza musulmana, come il Kosovo e la Bosnia.

Mancano misure preventive contro questo boom radicale che potrebbe, potenzialmente, fare del radicalismo religioso una delle più grandi minacce alla sicurezza della regione insieme con il crimine organizzato.

La rabbia condivisa per alti livelli di disoccupazione ed estesa corruzione governativa sono state ulteriormente alimentate da una diffusa disaffezione per il processo di integrazione UE troppo lungo.

Questi elementi sono diventati il pezzo forte della narrativa che molti leader islamisti hanno promosso per vincere il supporto locale infuocando sentimenti anti – occidentali e anti – governativi tra i loro seguaci.

In aggiunta, la disaffezione con lo status quo spiega anche il graduale aumento delle persone del Kosovo e dell’Albania che migrano nell’Europa occidentale nella speranza di trovare occupazione. Per esempio i migranti albanesi si posizionano al terzo posto dopo i siriani e gli afghani in cerca di asilo in Germania.
Più le istituzioni statali mancano di credibilità maggiore è la spinta di iman radicali e gruppi simili a riempire il vuoto, rimpiazzando i leader religiosi moderati e altri attori sociali nelle comunità.
Mentre la religiosità era già una componente integrale di una società che storicamente promuove la coesistenza pacifica tra le religioni, molti in Kosovo hanno gradualmente abbracciato le ideologie salafiste e wahhabite, dando il via ad uno spostamento delle loro visioni e attitudini. Centinaia di religiosi conservatori dal Kosovo si sono uniti allo stato islamico negli anni recenti.
Oltre al cambiamento di approccio verso la religione della gioventù dei Balcani, i conservatori vicini allo stato islamico hanno apparentemente stabilito una presenza fisica nella regione comprando beni immobili e ristabilendo quelle “vecchie” linee di contatto tra fazioni combattenti locali dei conflitti del 1990. Questo è stato maggiormente visibile in Bosnia, dove questi tipi di proprietà sono spesso molto danneggiate nelle aeree remote o che sono state abbandonate dalle autorità statali. Secondo un rapporto sui combattenti bosniaci in Siria, queste tipi di acquisti sono comuni tra i salafisti locali. Le odierne comunità che abitano in questi villaggi non sono affatto timide nel fare pubblicità al loro supporto per lo stato islamico, sia facendo sventolare le bandiere del gruppo oppure mediante altri simboli del gruppo.

Il caso dell’Albania

L ’Albania è stata a lungo nella storia un paese di transito e destinazione della cannabis, dell’eroina e della cocaina ed è stata a lungo considerarla una fonte per la cannabis ai paesi dell’UE. Anche se recentemente il ministro dell’interno albanese ha dichiarato che recentemente quasi tutte le piante di marijuana nel nord e nel sud del paese, sono state distrutte a seguito di operazioni di polizia, le questioni rimangono su chi gestisce queste aree e  chi profittava dai lucrativi guadagni. Sebbene diretti legami tra lo stato islamico e gruppi organizzati in Albania, non siano confermati, la rampante corruzione in tutti i settori della società, incluso il sistema giudiziario, e sospetti di legami con la prostituzione e la droga nell’establishment politico sono un campanello d’allarme sia per l’Albania che per il resto dei Balcani perché particolarmente vulnerabili ai gruppi estremisti che vogliono stabilire la propria presenza in Europa.