Giugno 28 2016

Art. 50 Trattato di Lisbona: se non lo sai sallo!

Art. 50

Per chi si è chiesto almeno una volta: “cosa prevede l’art. 50 (clausola di recesso) del Trattato di Lisbona?”, ecco la risposta.

Nel fiume incontrollato di informazioni tragiche (alle volte comiche) che si rincorrono su ogni mezzo di comunicazione, facciamo un breve viaggio nell’art. 50 del Trattato di Lisbona, la c.d. clausola di recesso.

Prima di iniziare il viaggio, una breve considerazione politica. Uno spunto in più per disegnare le vostre idee sulla vicenda della Brexit.

Giochi di palazzo

Quando il primo ministro David Cameron, nel gennaio 2013, ha promesso agli inglesi che avrebbero potuto dire la loro sulla posizione futura del loro paese nell’Unione Europea (UE), l’ha fatto per ragioni ciniche. Sperava che avrebbe definitivamente messo ko la crescente minaccia dalla destra nazionalista, dell’Independence Party, al suo partito ed era sicuro di mettere a tacere molti euroscettici nel suo stesso partito conservatore. Voleva, inoltre, porre il Labour Party sulla difensiva presentando il suo partito come più supportivo di una democrazia più diretta.

La circostanza che onestamente trovo ilare è che la maggior parte dei politici che si oppongono alla Brexit, incluso lo stesso Cameron e l’ex primo ministro Gordon Brown, hanno speso la loro intera carriera a criticare l’UE e Bruxelles. Adesso si trovano in questa posizione scomoda di difendere un’organizzazione di cui sono stati largamente scettici.

Art. 50 Trattato di Lisbona

Primo comma

Il primo comma dell’art. 50 prevede che “ogni Stato membro può decidere di recedere dall’Unione in accordo con le proprie esigenze costituzionali”. Secondo questo articolo la decisione di lasciare l’UE non è di immediata esecuzione (self-executing), neppure ha un effetto immediato. Piuttosto, lo Stato in questione deve per prima cosa “notificare al Consiglio Europeo la sua intenzione” di lasciare l’Unione; notifica che da avvio ad un processo di negoziazione per il recesso.

Secondo comma

La speranza, stabilita nel secondo paragrafo dello stesso articolo, è che i restanti membri dell’UE e la nazione che vuole recedere dal Trattato, “concluderanno un accordo stabilendo le disposizioni per il suo recesso, prendendo in considerazione la realizzazione di una “cornice” per la sua futura relazione con l’Unione”. Tale accordo deve essere approvato da una maggioranza qualificata del Consiglio (20 dei 27 membri), dal Parlamento Europeo e del Regno Unito stesso.

Terzo comma

Il terzo paragrafo specifica che il Trattato di Lisbona (e, implicitamente tutte le altre leggi dell’UE) “devono cessare di applicarsi” allo Stato alla data in cui l’accordo di recesso entra in vigore.

Se non si raggiunge un accordo, l’appartenenza all’UE cessa “2 anni dopo la notifica” di recesso, a meno che il Consiglio e il Regno Unito  si accordino all’unanimità per un’estensione. Una volta che il Regno Unito è ufficialmente uscito dall’UE, potrebbe tornare ad essere Stato membro solo seguendo le procedure stabilite dal Trattato di Lisbona applicabili agli Stati che vorrebbero aderire all’UE per la prima volta.

Quindi?

Il Regno Unito è ancora uno Stato membro dell’Unione e lo rimarrà fino a quando il governo inglese non notificherà formalmente al Consiglio Europeo il suo intento di recedere. L’articolo 50 non dice niente, sul quando e da chi deve essere presentata questa notifica. Presumibilmente, dal primo ministro. Prima del voto David Cameron ha dichiarato che avrebbe informato il Consiglio Europeo subito dopo il “leave vote”. Giovedì scorso ha annunciato che la notifica sarà presentata dal suo successore che s’insedierà in carica ad ottobre. Perché? Avendo condotto una campagna contro la Brexit e avendo perso, Cameron vuole che sia qualcun altro ad azionare il motore del processo di recesso del paese.

Quindi finché il Regno Unito non gira la clessidra dei due anni per l’uscita, ha una sorta di vantaggio politico nelle negoziazioni con gli altri 27 stati membri.

Per quanto tempo il Regno Unito può procrastinare la notifica?

L’art. 50 non lo dice. Le conseguenze negative sia economiche che politiche sicuramente spingeranno le due parti al tavolo di negoziato senza tenere in considerazione il momento temporale in cui il Regno Unito presenterà la notifica di recesso.

Contrariamente a quanto qualcuno ha dichiarato, tuttavia, le negoziazioni di recesso non risolvono necessariamente in maniera conclusiva lo status di Londra vis-à-vis con Bruxelles. Come ricorderete, il secondo comma dell’art. 50 richiede che l’accordo di recesso “prenda in considerazione la realizzazione di una “cornice” per la futura relazione (del Regno Unito) con l’Unione”. Se i dettagli dello status del Regno Unito dopo il recesso possono essere finalizzati in un momento successivo, la legislazione dell’UE cessa di applicarsi al Regno Unito nel momento in cui l’accordo di recesso entra in vigore.

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Pubblicato Giugno 28, 2016 da barbarafaccenda nella categoria "politica internazionale

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Esperto politica internazionale

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