Febbraio 3 2016

Compagnia aerea che parte, compagnia aerea che viene

compagnia aerea

Si era detto di non fare affari con gli stati che finanziano i terroristi. Si era detto che il turismo può aiutare la nostra Italia. Si fa tutto il contrario di quello che si dice, ovviamente!

Ad ottobre Ryanair chiuderà le sue basi di Alghero e Pescara, taglierà alcune rotte e  chiuderà tutti i voli a Crotone. Il motivo è la decisione del nostro formidabile governo di aumentare ancora le tasse, danneggiando il turismo italiano, il traffico e i posti di lavoro. La compagnia irlandese contesta al governo italiano di aver aumentato le tasse di circa il 40% (da 6,50 a 9 euro) per ciascun passeggero in partenza dall’Italia dal 1°gennaio di quest’anno per sussidiare il fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia.
Ryanair ha dunque deciso di spostare aeromobili e posti di lavoro Ryanair fuori dall’Italia verso altre basi Ryanair in Spagna, Grecia e Portogallo (dove non vengono addebitate tali tasse per passeggero).
Ryanair ha messo in guardia dal danno che l’aumento di questa tassa avrà negli aeroporti regionali italiani, che perderanno non solo rotte e traffico, ma anche i visitatori verso queste regioni, oltre ai posti di lavoro creati e sostenuti dal turismo. A nulla sono valse le sollecitazioni di Ryanair al buon Renzi, affinché elimini questa tassazione dannosa, così come hanno fatto i governi di Belgio, Irlanda e Paesi Bassi con tasse simili. Volete vedere cosa succede ai tre aeroporti regionali di Alghero, Pescara e Crotone? Eccovi una tabella in cui potete vedere l’astuzia del governo Renzi:compagnia aerea

Ci facciamo prendere anche in giro dal campo dell’ufficio commerciale di Ryanair, David O’Brien, che dichiara: “Dopo un anno da record per il turismo in Europa e un altro anno importante davanti, il Governo italiano ha deciso di darsi la zappa sui piedi aumentando le tasse sui passeggeri di circa il 40%, per gonfiare il fondo per la cassa integrazione degli ex piloti Alitalia. Quale compagnia aerea più grande in Italia, volando su 26 aeroporti e trasportando 27 milioni di clienti all’anno da e per l’Italia, a Ryanair non è stata lasciata altra scelta se non quella di chiudere due delle sue 15 basi italiane (Alghero e Pescara) e spostare i suoi aeromobili, piloti ed equipaggi verso paesi con costi più bassi per il turismo. Interromperemo anche tutti i nostri voli all’aeroporto di Crotone e saremo costretti a effettuare ulteriori tagli alle rotte sui nostri aeroporti italiani”.
Si era detto che in Italia era necessario puntare sul turismo, ebbene quella tassa danneggerà seriamente il turismo italiano, particolarmente presso gli aeroporti regionali dove Ryanair porta milioni di visitatori ogni anno, contribuendo all’economia locale per milioni di euro attraverso turisti, supportando migliaia di posti di lavoro. Chiaramente in un momento in cui la disoccupazione giovanile supera il 40%, il turismo, ci sembra logico, che  debba essere danneggiato. Uno dei pochi settori che può stimolare la rapida creazione di posti di lavoro per i giovani delle regioni d’Italia. Se questo non basta, l’Italia si è resa poco competitiva e meno attrattiva per le compagnie aeree e i turisti e poiché sempre più clienti evitano quest’anno il Medio Oriente e il Nord Africa per prenotare vacanze nel Mediterraneo, l’Italia consegnerà un’opportunità d’oro per la crescita alle destinazioni in Spagna, Portogallo e Grecia che hanno costi minori per il turismo.

Per una compagnia aerea che va, ce n’è una che viene

Peccato che sia la Qatar Airways. L’accordo tra Matteo Renzi, il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, quello dei Trasporti, Graziano Delrio, e Akbar Al Baker, numero uno del gruppo arabo – l’ultimo pochi giorni fa a Roma – sarebbe ormai pronto e quindi la Qatar Airways entrerà In Italia  prendendo in mano il 49% della linea aerea sarda, Meridiana. Una quota (la stessa che ha permesso ad Etihad di entrare in Alitalia) che consentirebbe al Qatar di avere accesso a tutti i diritti di volo italiani e internazionali attualmente in possesso di Meridiana.

Per quanto ci possa stare a cuore la sorte dei  tanti lavoratori di Meridiana la cui cassa integrazione scadrà a giugno, fare affari con il Qatar ci sembra una totale contraddizione con la lotta globale al terrorismo internazionale: non fare affari con gli stati che finanziano il terrorismo.

Il Qatar è inescusabilmente negligente nel contrastare i finanziamenti privati al terrorismo internazionale

La lista delle mancanze del Qatar nella lotta al finanziamento dei gruppi violenti estremisti è parecchio lunga. Ci limitiamo a fare un esempio che speriamo possa utile per la comprensione di come il Qatar sia inesorabilmente negligente. Il dipartimento del tesoro americano ha imposto sanzioni su due cittadini del Qatar accusati di fornire fondi ad Al Qaeda in Pakistan, così come ad Al Nusrah Front in Siria e agli estremisti nel Sudan. Il Dipartimento del tesoro ha descritto i due uomini come i maggiori facilitatori e i finanziatori responsabili per il supporto al terrorismo internazionale nel Medio Oriente. Una più attenta disamina di come il Qatar ha affrontato il caso di questi due uomini: Sa’d bin Sa’d al-Ka’bi,e altri individui Abd al-Latif bin ‘Abdallah al-Kawari, ci fornisce ulteriori conferme che Doha è stata inescusabilmente negligente quando si tratta di interrompere ogni possibilità di finanziamento per i terroristi. Il Qatar non ha arrestato i due uomini.
Ka’bi anche conosciuto come Umar al – Afghani ha fornito supporto al braccio siriano di Al Qaeda e ad Al Nusrah Front dal 2012 e ha messo su una campagna di donazioni, in Qatar, per tutto il 2014 in risposta ad una richiesta di finanziamenti dall’affiliato di Al Qaeda per armi e cibo. Inoltre è stato coinvolto nella facilitazione di pagamenti per riscatti per gli ostaggi detenuti da Nusrah. Il Qatar ha giocato un ruolo prominente nel rilascio degli ostaggi di Al Nusrah Front e pare che abbia pagato molti di questi riscatti. Gli Stati Uniti hanno inoltre dichiarato che Ka’Bi lavorava a stretto contatto con Hamid bin Hamad al ‘Ali un religioso del Kuwait che è stato messo nella lista degli individui sanzionati dalle Nazioni Unite e dagli Stati uniti per il legami con i gruppi estremisti, egli stesso si è dichiarato come facente parte del “commando Al Qaeda”.
L’altro individuo, Kawari è accusato dal governo americano di aver prestato servizio come ufficiale di sicurezza e di raccoglitore del supporto finanziario per il gruppo. Quest’ultima attività, secondo gli Stati Uniti, risale a più di una decade fa, indicando che ha lavorato per finanziare al Qaeda in Pakistan in partneriato con un cittadino del Qatar e con un saudita il cui soprannome è Hassan Gul. Nel marzo del 2013 è stato scoperto che la campagna di finanziamento lavora sotto l’ombrello del Qatar Centre for voluntary work, un entità identificata anche su facebook come un’organizzazione governativa fondata nel 2001 con un decreto di stato. Il suo board è nominato dal ministro del Qatar della gioventù e dello sport ed il centro è supervisionato dal ministro della cultura del governo del Qatar. Un articolo sul sito del ministero della cultura del Qatar descrive assistenza umanitaria in – kind trasportata in Siria dal Volunteer Centre.
Kawari è fisicamente in Qatar, secondo informazioni rilasciate dal Dipartimento del Tesoro americano. Anche se sia lui che Ka’bi devono essere detenuti in Qatar, il paese ha un record nel rilascio di individui designati dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite come finanziatori del terrorismo internazionale. La mancanza di efficaci e visibili pene attraverso il sistema giudiziario del Qatar ci indica che altri potenziali finanziatori del terrorismo internazionale girano indisturbati e possono commettere crimini nel presente e nel futuro. Non c’è un singolo caso in cui il Qatar ha detenuto, o indicato le accuse o incriminato un cittadino del Qatar in relazione a reati di finanziamento del terrorismo internazionale dopo che diversi cittadini del Qatar sono stati iscritti nelle liste speciali degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite per la lotta al finanziamento del terrorismo internazionale. Le leggi il Qatar le ha varate, solo dopo la pressione internazionale, ma non le applica.
Non c’è una ragione che ci persuade a credere che il Qatar abbia cambiato registro su quello che è sempre stato un ambiente permissivo del finanziamento al terrorismo internazionale. Piuttosto, il Qatar sembra aver del tutto violato e dimenticato le promesse fatte in occasione dell’ultimo anniversario dell’11 settembre quando si diceva impegnato a combattere il finanziamento dello stato islamico e di tutti i gruppi violenti estremisti e mettere fine all’impunità e portare i colpevoli davanti alla giustizia come prezzo per essersi unita alla coalizione anti ISIS.

Quindi ricapitolando,

il turismo regionale, chisenefrega; i posti di lavoro persi, chisenefrega, evviva i soldi del Qatar che con una mano li da all’Italia e con l’altra li da ad Al Qaeda e ad altri gruppi violenti estremisti.

Dicembre 19 2015

Qatar e Turchia: alleanza strategica

Turchia e Qatar

Il Qatar e la Turchia costruiscono un’alleanza strategica per definire un nuovo equilibrio di potere nel Medio Oriente favorevole ai propri interessi.

Il viaggio di Erdogan in Qatar circa due settimane fa è il suo secondo viaggio nel piccolo stato arabo ricco di petrolio e gas da quando è stato eletto presidente della Turchia. La visita riveste un’importanza estrema perché inaugura il primo incontro del Consiglio di Cooperazione strategico di alto livello tra i due paesi: meccanismo creato lo scorso anno per intensificare la cooperazione bilaterale in settori strategici.
Durante la visita di Erdogan sono stati firmati 16 distinti accordi che regolano diversi settori, dall’educazione agli affari marittimi, ai viaggi e all’energia. Alcuni degli accordi sono di natura puramente tecnica come quelli concernenti la cooperazione sugli archivi, le credenziali di riconoscimento nell’industria marittima e nella gestione della finanza pubblica. Altri, di alto livello, come l’addestramento per protocolli di sicurezza e l’accordo per promuovere legami energetici, non includono molti dettagli.

La cooperazione bilaterale Qatar – Turchia diventa alleanza de facto

Questa recente visita di Erdogan in Qatar ha un doppio ruolo: da un lato istituzionalizzare la cooperazione bilaterale tra la Turchia ed il Qatar e, dall’altro, inviare segnali strategici di quella che è diventata una alleanza de facto.
Negli anni recenti c’è stato un livello di coordinazione senza precedenti tra Ankara e Doha soprattutto sulle questioni di politica estera. I due stati hanno hanno intrapreso senz’altro una posizione decisa contro il blocco di Gaza da parte di Israele; si sono opposti al colpo militare (sponsorizzato dall’ Arabia Saudita) dei Fratelli Musulmani in Egitto; espliciti oppositori di Bashar al Assad. A sottolinerare questo fronte comune è il loro supporto per le fazioni islamiche nella regione, a capo delle quali troviamo i Fratelli Musulmani e le organizzazioni affiliate.
Tuttavia questa alleanza ha causato problemi su numerosi fronti per entrambi i paesi. La Turchia ed il Qatar sono stati accusati dai paesi occidentali di tacita cooperazione, o almeno tolleranza passiva, degli estremisti che operano nella loro sfera d’influenza, specialmente i gruppi ribelli radicali in Siria.

Gli interessi turchi

Essenzialmente la Turchia vede il Qatar come un trampolino di lancio per espandere la sua impronta militare nel Golfo. L’emiro Tamin bin Hamad bin Khalifa al Thani riafferma le posizioni “costanti ed identiche” dei due paesi su le questioni regionali e esprime gratitudine per le posizioni ferme e decise della Turchia verso la causa araba, particolarmente la questione palestinese, e la crisi siriana. Tuttavia le dichiarazioni di al Thani non includono la parola “alleanza” per se, presumibilmente per la sensibilità con le relazioni del Qatar con l’Arabia Saudita e il resto del GCC.
Il vecchio equilibrio di potere nel Medio Oriente si è sbriciolato, i turchi sono determinati ad agire per assicurare che la transizione al nuovo equilibrio sia favorevole ai loro interessi.
I protocolli di sicurezza firmati da Erdogan con il Qatar s’inseriscono in un accordo militare iniziato nel dicembre del 2014 che permetterà ad ogni paese di impiegare le proprie forze militari nel territorio dell’altro. L’accordo comprende l’uso dei porti, degli aeroporti, dello spazio aereo e delle infrastrutture militari, incluso maggiore condivisione di informazioni di intelligence e cooperazione nel contro – terrorismo.

Come parte dell’accordo, la Turchia sta stabilendo una base militare in Qatar che vedrà lo stazionamento di personale militare che va dalle 3000 alle 5000 unità, principalmente per addestramento militare congiunto e, usando le parole dell’ambasciatore turco in Qatar, “per confrontarsi contro i nemici“.

La presenza della base manda un forte messaggio: la Turchia si sta muovendo verso il voler assumere il ruolo di robusta potenza  nella regione. Una base operativa avanzata in Qatar da alle forze armate turche un elemento di profondità strategica che non hanno nella penisola araba da più di 100 anni, da quando le ultime truppe ottomane lasciarono il territorio del Qatar nel 1915.

Al di là dei legami militari, la Turchia sta anche cercando di espandere le esportazioni di difesa nel Golfo. Per i turchi, il Qatar non è solo un cliente di valore per l’industria di difesa turca, ma anche una porta per il resto del GCC, che la Turchia ha identificato come priorità per la crescita del suo mercato.
Due mesi fa, un gruppo di 67 imprese di difesa turche, ha organizzato un’esibizione a Doha per mostrare i loro più nuovi prodotti, incluso l’elicottero ATAK, il TRJet ed  una vasta gamma di veicoli armati. L’esposizione si è conclusa con accordi per un valore di circa 500 milioni di dollari.

Il Turkstream e la Russia versus il Qatar e l’LNG del Qatar

Il viaggio di Erdogan in Qatar si colloca anche in quella che oramai è diventata una seria crisi tra Ankara e Mosca. Quello che preoccupa di più i turchi è la decisione dei russi di sospendere i colloqui per TurkStream, un gasdotto che porterebbe il gas naturale dalla Russia attraverso il Mar Nero alla Turchia e ai mercati europei.  Lo scorso anno, la Russia rappresentava 27.4 miliardi di metri cubi, circa il 55%, delle importazioni totali di gas naturale della Turchia. La Russia non ha dato nessuna indicazione che siano disposti, o che ci stiano pensando, alla riduzione dei flussi esistenti di gas verso la Turchia previsti da un accordo decennale tra i due paesi.  Tuttavia visto che il TurkStream  è accantonato, almeno per adesso, i turchi stanno seriamente considerando il futuro dei loro legami energetici con la Russia.
Non sorprende che il Qatar veda il deteriorarsi delle relazioni turco – russe come un’opportunità d’oro per espandere la sua posizione globale come massimo esportatore di gas naturale liquefatto (LNG). A seguito della visita di Erdogan, l’ambasciatore del Qatar ad Ankara, el – Shafi, ha espresso la prontezza di fornire alla Turchia “qualsiasi quantità” di gas naturale “che richieda”. Malgrado lo scetticismo circa la circostanza che le esportazioni di gas del Qatar possano rimpiazzare i flussi di quello russo nel breve termine, in parte perché la Turchia manca di infrastrutture per LNG e di depositi, Erdogan presumibilmente continuerà a mandare a Mosca messaggi di attenzione sulla possibilità di perdere un cliente energetico di lungo corso.