Dicembre 4 2024

Hamas é distrutto?

Hamas distrutto

Il futuro di Hamas, non è determinato in maniera totale, dalla capacità militare e politica, ma anche dalle posizioni degli Stati Uniti e degli attori regionali, che fondamentalmente giocano il ruolo più importante nel plasmare il futuro del movimento.

Dal pieno controllo della striscia di Gaza nel 2007, Hamas si è impegnato a consolidare il suo governo in termini di sicurezza e di governance, mentre contrasta gli sforzi israeliani tesi a indebolire e contenere il movimento. Tali sforzi israeliani includono il blocco aereo, marittimo e di terra quasi totale su Gaza, con l’eccezione di piccole forniture umanitarie controllate e le successive guerre nel 2008, 2009, 2012, 2014, 2018 e 2021 che hanno mantenuto le capacità militari di Hamas nei limiti. Politiche costruite per esacerbare le difficoltà della popolazione a Gaza allo scopo di provocare una ribellione contro Hamas.

Sebbene tali strategie abbiano raggiunto un successo parziale, esse hanno fondamentalmente fallito nell’eliminare Hamas a Gaza. Non solo il gruppo è rimasto al potere, ma ha rafforzato le sue capacità militari, migliorato la sua burocrazia di governo, rafforzato la sua presenza politica all’interno della scena politica palestinese e ha accresciuto le sue alleanze regionali.

Dopo oltre un anno di conflitto, Hamas è stato indebolito nelle aree di comando e controllo militare, nella governance e nella leadership politica non solo perché ha perso Sinwar, ma anche Ismail Haniyeh il leader politico del gruppo al di fuori di Gaza assassinato dagli israeliani a Teheran.

Tuttavia, il movimento funziona ancora come una organizzazione unificata all’interno e all’esterno di Gaza, con una presenza a West Bank così come resta intatta la sua leadership politica al di fuori della Palestina.

Tutto ciò è più che significativo, dati i bombardamenti israeliani su Gaza, sostenuti da un massiccio e mai concluso rifornimento di armi e di sostegno intelligence degli Stati Uniti, che non è mai stato cosi intenso nella storia del conflitto.

Un altro aspetto importante per Hamas è il suo sostegno pubblico all’interno di Gaza, di West Bank e all’estero. Il gruppo è stato sempre vigilante a riguardo e in tutto il suo governo a Gaza ha sempre monitorato il sentimento pubblico per questa ragione.

Due dinamiche principali hanno guidato le fluttuazioni nei livelli di sostegno per Hamas:

  1. la sua posizione come movimento di resistenza contro Israele;
  2. il suo rendimento come partito al governo.

Alle volte, queste dinamiche hanno lavorato a scopi trasversali, con la resistenza che spingeva il sostegno popolare e la funzione di governo che lo minava.

Ricordo (brevemente) l’ideologia del movimento Hamas. Perchè la differenza è tutta qui. Il terrorismo è una tecnica, una tattica, un metodo di violenza politica utilizzato da gruppi estremisti violenti, di qualsiasi ideologia (estrema destra, estrema sinistra, ambientalisti, religiosi, single issue). Per contrastare tali tipologie di gruppo, si può e si deve agire sulla tecnica, vale a dire il terrorismo. Tuttavia, come abbiamo visto per altri gruppi di questo tipo, il contro-terrorismo non porta allo scioglimento del gruppo, alla fine, anzi casomai è vero il contrario anche quando gruppi si scogliono e si riformano sotto altri nomi. (Ne parlerò in un altro post). Dunque, se quello che si vuole raggiungere è l’obiettivo di sciogliere questi gruppi in modo definitivo, ciò che bisogna contrastare è l’ideologia. Essere persuasi che i gruppi estremisti violenti religiosi, come Hamas, ad esempio, non abbiano ideologia e che siano solo “terroristi” (un giorno scriverò di quando sia improprio questo termine), li lascia fiorire, splendere agli occhi di chi si identifica con quella ideologia che conosce, quindi più reclute e possibilmente più alleati e risorse.

L’ideologia di Hamas non è così significativamente diversa dagli altri gruppi islamici della regione, ad eccezione di quanto esso leghi stretto le traversie del territorio palestinese con la capacità dell’uomo di vivere in maniera retta e giusta davanti a Dio. Anche se il sistema di credo di Hamas è centrato sull’importanza della relazione tra uno Stato palestinese e la rettitudine morale, la loro ideologia non è interamente uniforme. Il territorio di cui ha bisogno non è per Hamas uno scopo strategico o politico, ma serve al compimento di un obbligo religioso, come disposto da Dio. L’intero fondamento ideologico della resistenza di Hamas è incastonato nella loro interpretazione del ruolo dello Stato. Lo Stato costruito per permettere all’Islam di fiorire, quando lo Stato è incapace di realizzare ciò, l’Islam è minacciato.

Attenzione! questa è una estrema sintesi dell’ideologia di Hamas. Se volete approfondire davanti a voi si aprono due strade: a. venire all’università nel mio corso, b. leggere una grande quantità di libri scritti da studiosi di questo gruppo che sono in vendita nelle migliori librerie.

Ogni formula politica che intenda affrontare il futuro politico di medio e lungo termine richiederà qualche forma di consenso ovvero un organo eletto. E quando il momento verrà Hamas sarà li.

Tale equazione governance-resistenza sembra aver plasmato la popolarità di Hamas durante l’odierno conflitto. Sebbene molti palestinesi abbiano ammirato la determinazione del gruppo e i risultati militari contro la forza armata più potente del Medio Oriente, hanno criticato il suo fallimento nel preparare i civili palestinesi agli effetti della guerra, incluso la loro protezione da Israele e assicurare un’adeguata fornitura di aiuto umanitario. Hamas si è battuto nell’ultimo anno per rimanere l’attore amministrativo ufficiale per la popolazione a Gaza, malgrado l’implacabile campagna militare israeliana di distruggere i suoi organi civili e la sua struttura.

Hamas non è cessato di esistere come un’entità funzionante, mentre il movimento è certamente seriamente indebolito su tutti i fronti, Israele non sarà in grado di eradicarlo completamente. La natura multipla di Hamas e la misura in cui è legato al tessuto sociale e religioso all’interno della popolazione palestinese gli fornirà spazio e ossigeno per ricostruirsi e riorientrarsi dopo la fine della guerra.

Anche se Hamas sarà totalmente neutralizzato in termini di capacità militare, rimarrà la sua presenza politica e sociale e la reputazione tra i palestinesi.

Il sostegno ad Hamas tra la popolazione palestinese cresce e decresce in diretta relazione con la disponibilità ovvero la mancanza di altre opzioni.

La mancanza di più di tre decadi di processo di pace, l’aumento dell’occupazione israeliana, le annessioni e la crescita di un sistema di apartheid, il senso di abbandono e umiliazione da parte della comunità internazionale, le difficoltà economiche sempre maggiori sia a Gaza che a West Bank, tutti questi fattori hanno portato molti palestinesi alla frustrazione, alla disperazione e alla rabbia e fondamentalmente ad Hamas. Se questa continua ad essere la realtà che travolge ed inghiottisce i palestinesi, allora la ri-nascita di Hamas, o un suo rimpiazzo radicale che prende la stessa bandiera, sarà possibile.

Mentre ogni previsione è un azzardo proviamo a delineare alcuni scenari che probabilmente possono rappresentare delle prospettive per il dopo-conflitto.

A. Un movimento disarmato. Hamas è simultaneamente un movimento (violento) religioso-politico e un partito nazionale di resistenza, con uno dei due aspetti che prende il timone a seconda del contesto e delle circostanze. Se la parte della resistenza è repressa dopo la guerra, che sia attraverso la forza, che per scelta, il movimento molto probabilmente ri-orienterà le sue energie sul lato politico-religioso unitamente alla ricostruzione della sua struttura organizzativa. In questo caso una possibile versione di Hamas potrebbe essere una organizzazione non-militare che funziona come un movimento politico religioso simile ad altri partiti islamisti nella regione. Le aree di attivismo potranno includere la partecipazione alle elezioni e ai processi politici, l’impegno nelle resistenza non violenta e popolare contro Israele e sforzi per aumentare l’appartenenza al gruppo.

B. La distruzione del movimento e la nascita di più piccoli gruppi scheggia e molto probabilmente più radicali. Questo sarebbe lo scenario più oscuro per tutti, perché trasformerebbe Gaza in un’arena di caos senza fine. In questo caso conflitto e insicurezza non solo rimpiazzerebbero Hamas, ma potrebbero ripercuotersi a livello regionale a West Bank, in Israele, in Egitto e in Giordania.

C. L’indebolimento, ma non la distruzione di Hamas, che accetta una formula di divisione del potere in una Gaza post conflitto. La parte in cui si permette ad Hamas di essere parte del futuro di Gaza garantirebbe che il gruppo non adotti il ruolo di spoiler. Non è un piccolo prezzo, anzi, anche se drasticamente indebolito e militarmente neutralizzato Hamas potrebbe mobilitare efficacemente i suoi membri e rendere la vita insopportabile ad organo governante a Gaza .

Il 1 dicembre 2024, un membro dell’Autorità Palestinese conferma di un accordo preliminare tra Hamas e Fatah raggiunto a seguito di settimane di negoziazioni al Cairo. Un comitato di 12-15 membri la maggior parte di essi proveniente da Gaza. Sulla relazione controversa tra Hamas e Fatah ne scriverò nel prossimo post.

Agosto 19 2024

L’ASSE DELLA RESISTENZA: CHI SONO?

Asse Resistenza

Nel conflitto Hamas-Israele alcuni degli attori coinvolti si trovano bel al di fuori di Gaza. Come ho sempre detto i conflitti contemporanei sono complessi, con dinamiche multiple di livelli diversi che si muovono contemporaneamente e per quanto si voglia cercare di offrire strumenti per la comprensione ad un pubblico di non addetti ai lavori c’è sempre il rischio di banalizzare nel tentativo di semplificare.

In questo caso cerco di semplificare una serie di attori che si citano spesso, ma che temo non si conoscano. Quando sentite dire o leggete “asse della resistenza” (alle volte qualcuno dice “asse del male” citando a casaccio visto che si riferisce a tutt’altro spazio geopolitico), sappiamo davvero da quali attori è composto e chi sono? Anche in questo caso vi sorprenderete leggendo di quanto sia ancora molto più complesso di quanto si possa immaginare.

Asse della resistenza – Membri chiave
Iran
Siria
Hezbollah

A cui si aggiungono:

a) Ansarullah (Houthis) Yemen


Il movimento Houthi si è sviluppato dal gruppo rivivalista sciita Zaydi negli anni 1990, in reazione alla crescita del salafismo attorno a Saada, cosi come alla diffusa percezione che il governo centrale trascurasse la regione. In linea generale, gli Houthi promuovono una ideologia neo-zaydista che è poco definita. Probabilmente l’unica chiara espressione di questa ideologia è la credenza che i discendenti del profeta, i Sada, hanno il diritto e l’autorità per governare. Questa convinzione è riflessa nella sistematica nomina di membri del gruppo sociale nelle posizioni di alto rango nel governo e nell’apparato militare. Mentre gli Houthi alle volte esprimono un desiderio di stabilire uno Stato moderno e repubblicano, come pubblicato nel 2018 nella “visione nazionale per lo stato moderno dello Yemen“, la loro recente imposizione di tasse, la segregazione di genere e la loro preferenza per gli Hashemiti nelle posizioni di leadership, suggerisce il loro obiettivo di ripristinare una dominanza storica socio politica saadazaydista nello Yemen.
Ad oggi vi sono due principali elementi nella strategia e nel pensiero Houthi.

  • Gli integralisti, che sono riluttanti nel contenere il dissenso e sono più inclini all’uso della violenza per raggiungere le loro ambizioni politiche. Sono in ascesa per via del loro successo militare. Il loro obiettivo è di governare tutto lo Yemen e di continuare a dare battaglia, dove è possibile, all’Arabia Saudita.
  • I moderati che sono di gran lunga più deboli; si concentrano sul controllo del territorio dall’ex Repubblica araba dello Yemen nel nord del Paese. Sono più aperti ad un impegno con l’Arabia Saudita e a lavorare con gli accordi proposti dalle Nazioni Unite.

Gli Houthi hanno ereditato molta della loro esperienza, tecnologia e armi dall’apparato di sicurezza dello Yemen quando hanno preso il controllo del governo nel 2014, lo sviluppo di capacità tattiche è giunto attraverso l’assistenza tecnica dell’Iran.

La relazione Iran-Houthi è basata in interessi e obiettivi condivisi piuttosto che in una ideologia comune.

Gli Houthi continueranno a partecipare nella campagna dell’Iran per indebolire l’Arabia Saudita fino a quando ciò aiuterà il gruppo a consolidare il suo governo nello Yemen.

Piuttosto che proxies, come sono spesso descritti, gli Houthi sono partner eguali in un condiviso progetto militare che beneficia entrambe le parti.

Gli Houthi restano soprattutto un attore yemenita con obiettivi locali.

Sarebbe un errore assumere che l’Iran possa dirigere il comportamento Houthi.

La visione del mondo è cospiratoria: essi vedono l’Unione Europea ed i suoi Stati membri come servili agli Stati Uniti e la cospirazione israeliana realizzata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti. Pur tuttavia, gli Houthi vogliono il riconoscimento internazionale. In questo senso, sono desiderosi di impegnarsi diplomaticamente con l’UE che considerano meno concentrata nella campagna contro di loro rispetto agli Stati Uniti, la Gran Bretagna o l’Arabia Saudita.

b) Asaib Ahl al-Haq (AAH) – Iraq

L’Islamic Revolutionary Guard Corp (IRGC) crea AAH nel 2006, reclutando al-Khazali (leader del gruppo), che allo stesso tempo comandava un brigata militare: Jaysh al-Mahdi. Una milizia formata nel 2003 da un religioso sciita influente iracheno: Muqtada al-Sadr, per combattere l’occupazione degli Stati Uniti. Inizialmente al-Khazali era un membro leale di Jaysh al-Mahdi anche nota come Mahdi Army, studia negli anni 1990 giurisprudenza islamica sotto la tutela del padre di Sadr, Grand Ayatollah Mohammad al-Sadr a Najaf .
L’Iran sfrutta questa spaccatura offrendo vasti finanziamenti e addestramento ad al-Khazali per formare AAH con l’obiettivo di aggiungere questo gruppo alla sua lista di proxies in Iraq.

c) Harakat Hezbollah Al-Najuba (HHN) – Iraq

Creata nel 2013 subito dopo la guerra civile siriana capeggiata dal Akkram al-Kaabi fino ad oggi. Al momento è composta da tre brigate: Liwa Ammar Ibne Yasir, Liwa Al-Hasan Al-Mujtaba e Liwa Al-Hamd. Al-Kaabi era membro di Mahdi Army di Muqtada Sadr Mujtaba che aveva combattuto contro le forze americane in Iraq tra il 2003 ed il 2008. Tuttavia, lo sgretolamento dell’accordo di cessate il fuoco tra Mahdi Army e le forze militari americane ha avuto come conseguenza che molti dei suoi membri di alto rango defezionano. Al-Kaabi, una di queste figure di spicco, rompe con Sadr e si unisce a AAH. In AAH gli é affidato il compito di creare una organizzazione franchise in Siria unitamente alle milizie sostenute dall’Iran.
La lotta interna per la leadership all’interno di queste milizie in Siria unitamente alla situazione disperata dovuta al collasso del governo in Iraq spinge AAH a concentrarsi sulla sicurezza in Iraq all’interno dell’ombrello delle Popular Mobilization Forces (PMF). Ciò conduce all’allontanamento di Al-Kaabi da AAH, che porta quindi alla formazione di HHN.
La divisione tra AAH e HHN concede all’Iran una opportunità strategica. Mentre AAH ha un ramo politico così come prende parte attivamente al processo elettorale, HHN è puramente militaristica in natura. Similmente AAH ha amalgamato la sua ideologia con il fervore iracheno. Dall’altra parte HHN opera in un meccanismo transtatale, sia in Iraq e Siria e le loro mutue regioni di frontiera. Questo modus operandi li avvicina a Hezbollah in Libano, che funziona anche in differenti regioni. Dall’altra parte, lo stretto coinvolgimento di Hezbollah nella politica nazionale non è qualcosa che HHN condivide. In Siria, HHN è diventata il gruppo più longevo e uno dei leader proxy delle milizie dell’Iran, operando attorno a Damasco, Deir ez-Zor, Aleppo e Hama. HHN è anche parte delle PMF in Iraq con la sua dodicesima Brigata. Le province di Anbar, Nineveh e Saladin sono sotto il suo controllo: cruciali perché si legano attorno alla frontiera Siria-Iran. Inoltre sono zone a dominanza sunnita. Questi due aspetti accordano ad HHN un ruolo delicato e significativo nel calcolo complessivo della strategia proxy iraniana.

d) Kataib al-Imam Ali (al-Imam Ali Battalions), o KIA Iraq

Creato nel giugno del 2014 come ramo militare del partito Harakat al Iraq al Islamiyah (Movimento islamico in Iraq). Il gruppo si è mobilitato per la prima volta quando il Grand Ayatollah Ali al-Sistani emana una fatwa chiamando volontari ad unirsi ai servizi di sicurezza, pur inviando volontari nelle PMF formando la 40° Brigata delle PMF.
Nei combattimenti contro lo Stato Islamico (IS), KIA dispiega forze in Iraq all’inizio del 2014 e in Siria nel 2015, l’ultima campagna presentata come una misura difensiva per proteggere il sito sacro Sayyeda Zainan, il sito sacro più importante in Siria. KIA combatte in battaglie a Tikrit, ovest di Mosul, al-Qaim. Nel processo sviluppa un personaggio di spicco delle PMF Ayoub Falih Hasan al-Rubayie (noto con il soprannome Abu Azrael) che ottiene un profilo sociale mediatico molto vasto per le sue bizzarie sui campi di battaglia.
Nel 2020-2012 KIA diventa più silente, concentrandosi sulla costruzione di reti commerciali e sull’attività politica. Shibl Al-Zaydi, il leader ancora oggi, agisce come un coordinatore del gruppo di resistenza in competizione e come un convogliatore di messaggi per i libanesi Hezbollah e i funzionari di sicurezza iraniani.

e) Kataib Hezbollah (KH) (Battalions of the Party of God) – Iraq

Creata dalla fusione di “gruppi speciali” creati e condotti dalle IRGC-QF nel 2005-2007.
La più forte fazione individuale delle PMF irachene con il controllo di dipartimenti chiave (capo di stato maggiore, sicurezza, intelligence, missilistica)
Subordinata e parzialmente finanziata dalle IRGC-QF, conduce specifiche azioni seguendo le loro istruzioni, direzione e controllo. L’Iran fornisce a KH assistenza finanziaria, militare e condivide prodotti di intelligence, così come seleziona, sostiene e supervisiona la sua leadership. KH è nominalmente governata dallo Shura Council composto da un segretario generale, cinque deputati e almeno 33 membri, più “supervisori” provenienti dalle IRGC-QF e Hezbollah libanese.
Finanziato parzialmente dallo Stato iracheno, KH aziona la 45°, 46° e 47° Brigata delle PMF, finanziate dallo Stato (iracheno). La catena di comando, nominalmente, si dipana dalla commissione Popular Mobilization – dominata dalle KH, fino all’ufficio del Primo Ministro, e poi quindi al Primo Ministro. In pratica, le brigate KH delle PMF frequentemente disobbediscono alla catena di comando governativa mentre restano giuridicamente organi dello Stato iracheno.

f) Kataib Sayyid al-Shuhada (KSS) (Masters of the Martyrs Brigade, aka Kataib Abu Fadl al-Abbas, Kataib Karbala) – Iraq

Costruita attorno alla responsabilità e alla base di potere di Mustafa Abdul Hamid Hussein Utabi, aka Abu Mustafa al-Sheibani o Hamid Thajil Warij al-Utabi, uno dei membri fondatori di Kataib Hezbollah KH.
KSS diventa parte delle forze di sicurezza irachene quando forma la 14° brigata delle PMF.
Nell’ottobre del 2014 KSS minaccia l’Arabia Saudita, asserendo che ogni cosa umana o materiale di origine saudita sarebbe stata un obiettivo futuro, legittimo, avvertendo che il gruppo avrebbe colpito e distrutto il regno. Nel luglio del 2018 il gruppo dichiara di inviare propri militanti a combattere le forze governative in Yemen.
Nel novembre del 2021 KSS rivendica di aver arruolato 49,000 volontari in una nuova campagna di reclutamento per prepararsi ad una grande battaglia contro le forze americane in Iraq.
IRGC – QF e Hezbollah libanese forniscono a KSS l’assistenza finanziaria, militare, condivisione di prodotti di intelligence così come sostegno ed aiuto nella selezione e supervisione della leadership.
A seguito dell’uccisione mirata da parte degli Stati Uniti, nel gennaio 2020, del comandante delle IRGC-QF Qasem Soleimani, Teheran ha concesso ai visitatori KSS un trattamento di alto profilo, circostanza che ci suggerisce che hanno ottenuto uno status più alto rispetto a tutto gli altri gruppi ad eccezione di Kataib Hezbollah e Harakat Hezbollah al-Nujaba.
KSS è parzialmente finanziato dallo Stato iracheno, ed aziona la 14° Brigata delle PMF. Stesso schema di disobbedienza attuato dal KH.

g) Fatemiyoun – Afghanistan

Composto da rifugiati sciiti afgani in Iran e da membri della minoranza sciita Hazara all’interno dell’Afghanistan. Gli Hazari compongono dal 9 al 10 percento della popolazione totale afgana di 38 milioni. Considerati infedeli dai talebani sunniti e obiettivo di attacchi mortali dagli anni 1990, centinaia di migliaia di Hazari sono fuggiti in Iran, dove il governo li ha reclutati nei ranghi della milizia, in cambio di pagamenti alle famiglie, cittadinanza e altre protezioni legali.

h) Zainabiyoun – Pakistan

Costruita dalle IRCG nel 2013, quando l’Iran interviene in Siria a sostegno del presidente Bashar al-Assad. La brigata prende il nome dal sito sacro Sayyidag Zainab, un sito importante di pellegrinaggio sciita a sud di Damasco oggetto di attacchi da parte dei militanti sunniti.
Le modalità di reclutamento per i combattenti pakistan sono piuttosto complesse ed incentrate sulla città iraniana di Mashhad. Alcune delle reclute si sono spostate dall’Iran al Pakistan, mentre altre erano già in Iran verosimilmente come studenti. Un terzo gruppo apparentemente si è mosso in Iran dopo essere stato espulso dagli Emirati Arabi Uniti.
Un certo numero di queste reclute provengono dalla regione Parachinar dell’allora Kurram Tribal Agency nel nord ovest del Pakistan che confina con la provincia afgana Paktia. Il distretto a maggioranza sciita è collocato nella regione sunnita tribale ultra conservatrice, che è stata la scena di conflitto settario. Queste dinamiche hanno condotto alla formazione di identità settarie locali molto più salienti rispetto ad altre aree del Pakistan.
Agli inizi del 2020, l’Iran ufficialmente segnala i suoi legami con Zainabiyoun, la cui bandiera é issata alle spalle del comandante della forza aerea IRGC Amir Ali Hajizadeh insieme alle bandiere degli altri gruppi sostenuti dall’Iran nella regione.

Maggio 21 2021

Israele-Palestina: osservare e non guardare

Osservare conflitto israelo-palestinese
  • Il consolidamento del controllo di Israele sui palestinesi, che ha impedito una soluzione a due stati;
  • il consenso all’espansionismo israeliano da parte della Comunità internazionale, incluso da parte di quei quattro paesi che hanno “normalizzato” le relazioni con Israele: gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein, il Marocco e il Sudan

hanno reso più facile per Israele perseguire politiche massimaliste che impediscono ogni tipo di risoluzione di lungo termine.

Tutto ciò, dall’altra parte, ha sensibilmente eroso la qualità di vita dei palestinesi sia nei territori occupati che in Israele stesso.

Mi sembra che sia opportuno ricordare che, durante le ostilità aperte, a Gaza, i civili sono coloro che vengono maggiormente colpiti dai bombardamenti israeliani a prescindere dalla circostanza che siano intenzionalmente un obiettivo.

La striscia di Gaza

Un territorio piccolo, ma altamente popolato, catturato da Israele dall’Egitto nel 1967. L’Egitto non rivendica più che sia suo territorio, ma l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina non lo considera parte dello Stato di Palestina, dal momento che esso è popolato quasi interamente da arabi e non è mai stato parte di Israele. Mentre la Striscia di Gaza era una volta divisa tra controllo palestinese e israeliano come a West Bank, nel 2005 Israele è andato via completamente lasciando questo territorio sotto la giurisdizione dell’Autorità palestinese.

Nella guerra civile del 2007 tra le fazioni palestinesi che combattevano nella striscia di Gaza, con la fazione di Hamas che aveva preso completamente il territorio dalle forze di Fatah.

Differenze tra Hamas e Fatah

Laddove Fatah – fondata da Yasser Arafat – ha un orientamento secolare e nazionalista, Hamas si definisce come un “movimento islamico palestinese nazionale di liberazione e resistenza” e utilizza l’Islam come la propria cornice di riferimento per governare. Un’altra importante differenza riguarda le loro rispettive visioni su come resistere all’occupazione israeliana. Mentre Hamas persiste nel sostenere la resistenza armata, Fatah ha adottato una strategia di negoziazione.

In ragione del rifiuto di Hamas di accettare l’esistenza di Israele ovvero di porre fine agli attacchi contro obiettivi israeliani (Israele li considera un gruppo “terrorista”), Israele e l’Egitto, alleato odierno, hanno mantenuto – da allora – un blocco nella striscia di Gaza controllando severamente chi e cosa attraversa le frontiere e alle volte chiudendo completamente tutte le uscite e tutte le entrate.

Sebbene la Striscia di Gaza sia quasi interamente sotto la governance di Hamas, l’esercito israeliano in realtà controlla una zona buffer di 100-300 metri giusto all’interno del territorio di frontiera con Israele.

I diritti umani, civili e politici?

Tra le guerre, la vita a Gaza è invivibile. Fin dalla prima intifada, o rivoluzione, nel 1987, i diritti dei palestinesi –misurati in potere politico, autodeterminazione, prospettive economiche, diritti fondamentali come la libertà di movimento – sono diminuiti in modo costante.

Uno sguardo più ampio ci suggerisce una tendenza simile per i diritti nella Regione. Ai nuovi partner arabi di Israele sembra non importare il suo approccio deumanizzante per pacificare il dissenso palestinese. Infatti, la politica israeliana s’incastra con l’approccio che le monarchie del Golfo hanno intrapreso verso i diritti politici e civili dei loro cittadini, vale a dire di privazione dei diritti.

La Regione ha subito uno spostamento geopolitico . Tre monarchie arabe: Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco, hanno “normalizzato” le relazioni con Israele tra il settembre ed il dicembre del 2020. L’Arabia Saudita sostiene lo spostamento regionale anche se non si è ufficialmente, ancora, schierata. Queste monarchie, che per lungo tempo si sono infatuate della tecnologia israeliana di droni e sorveglianza , adesso cercano di tenere salde le alleanze di sicurezza con Israele in vista della loro rivalità condivisa con l’Iran. Più importante, in aggiunta a questa visione comune che l’Iran deve essere confrontato con la forza piuttosto che essere gestito, ciò che si ricava delle recenti normalizzazioni condivide con Israele una visione elastica dei diritti civili e politici.

Il crescente autoritarismo nella Regione è in mostra anche tra coloro che rivendicano di sostenere i palestinesi. I membri del cosidetto “asse della resistenza”, che comprende Iran, Siria ed Hezbollah, oppone Israele, ma condivide una fosca storia di oppressione, violenza e autoritarismo. Tale asse afferma di voler porre fine al controllo di Israele sulla Palestina, ma è ostile ai diritti civili, giuridici e politici che permetterebbero ai palestinesi di governare essi stessi democraticamente.

La posizione degli Stati Uniti

Una differenza evidente in questo ciclo di violenza è visibile nella copertura mediatica e nei commenti negli Stati Uniti, il cui tono, non completamente critico dello status quo degli Stati Uniti in sostegno di Israele.

Israele si è costantemente insediato nei territori che ha conquistato e occupato attravero la guerra con i suoi vicini. Allo stesso tempo ha relegato i suoi cittadini arabi, che rappresentano 1/5 della popolazione israeliana in uno status di seconda classe, sempre più umiliante.

Durante la presidenza Clinton, gli Stati Uniti hanno cercato con esitazione di negare il denaro dei generosi pacchetti di aiuto annuali per Israele per evitare di sovvenzionare i suoi insediamenti a West Bank, ma, alla fine, hanno sborsato la maggior parte dei soldi per poi commentare ben poco gli insediamenti stessi.

Barack Obama ha costruito sul “congelamento degli insediamenti” una forte e centrale posizione della sua amministrazione, affinchè si giungesse ad una soluzione negoziata di due-stati, ma le sue ripetute richieste sono state respinte decisamente da Israele con nessun impatto negativo sulla magnificenza americana.

Washington ha recentemente fornito assistenza ad Israele ad un ritmo di circa 3 miliardi di dollari all’anno.

Israele riceve una così generosa assistenza malgrado il suo alto livello di sviluppo economico. Ancora più eccezionale è che gli Stati Uniti compiano così pochi sforzi per esercitare un’influenza politica.

Tutto ciò considerato, Washington, piuttosto che aiutare il suo caro amico, con le non-risposte unitamente al sostegno incondizionato per Israele, hanno solo reso questa situazione molto pericolosa, ancora peggiore.

Durante l’amministrazione Trump, Washington ha iniziato anche a pretendere che i palestinesi potessero essere immaginati fuori dalla realtà politica. Trump ha riconosciuto ufficialmente Gerusalemme come la capitale di Israele, trascurando le rivendicazioni palestinesi sulla città, e l’ha fatto senza chiedere alcun impegno da parte di Israele sui futuri insediamenti o per i diritti degli arabi, sia che vivessero nei territori occupati, sia in Israele come cittadini.

L’amministrazione Biden ha sorpreso molti osservatori per l’audacia di alcune delle sue politiche. Sulla crisi israelo-palestinese, ha agito come se sia persuasa che mettendo la testa sotto la sabia, la tensione esplosiva in qualche modo si riduca.

Washington oggi si nasconde dietro dichiarazioni stranamente cieche, o frasi di rito come “Israele ha diritto all’autodifesa”. Pretendere che il problematico comportamento di Israele, sia nelle recenti settimane, che da molti anni a questa parte, non abbia niente a che fare con l’esplosione della violenza, non aiuta nessuno.

Non esiste una chiave magica che sia in grado di risolvere questi problemi, ma sicuramente ogni tipo di soluzione, per quanto difficile, deve abbandonare un linguaggio schierato per denunciare l’estremismo impostato solo verso una parte dell’equazione. Sì, Hamas è violento e anche sconsiderato, ma così come molti degli elementi ultra-conservatori nella società israeliana che hanno giocato un ruolo sempre più grande nella politica del paese nelle due decadi passate.

La loro spinta per una infinita espansione degli insediamenti, per una graduale destituzione dei palestinesi, sia economicamente che politicamente, manca del fuoco dei razzi, ma è in ogni piccola parte come un esplosivo.

La guerra può assumure ogni tipo di forma, ma la sua ultima incarnazione del conflitto punta ad un buio sempre più profondo e ad un pericolo esistenziale. Parliamo della violenza comunitaria che è scoppiata nei giorni recenti nelle strade di posti come Haifa, Lod, Lydda per i suoi residenti arabi. Ciò differisce molto dalla violenza tra Stati e attori non-statali, perchè scorre nella vero tessuto di una società.

Maggio 18 2021

Hamas: origini e obiettivi

Hamas

Hamas (In arabo: حماس‎‎ Ḥamās, un acronimo di حركة المقاومة الاسلامية Ḥarakat al-Muqāwamah al-ʾIslāmiyyah) significa movimento di resistenza islamica – Islamic Resistance Movement-.

Hamas: le origini

Formato nel tardo 1986 all’inizio della prima intifada palestinese. Le sue radici si trovano nel braccio palestinese dei fratelli musulmani; sostenuto da una robusta struttura socio – politica  all’interno dei territori palestinesi. Il gruppo, in sostanza, fu stabilito per fornire un veicolo per i fratelli mussulmani nel violento confronto contro Israele, senza esporre la Fratellanza e le sue ampie reti sociali e istituzioni religiose alla rappresaglia israeliana.

Obiettivi

La Carta del gruppo richiama alla creazione di uno stato palestinese islamico al posto di Israele, rifiutando tutti gli accordi fatti tra il movimento di liberazione palestinese (OLP) ed Israele. La carta di Hamas definisce la storica Palestina, incluso l’Israele odierno, come una terra islamica ed esclude ogni possibilità di pace permanente con lo stato ebreo.

Hamas
foto: www.forward.com

Originariamente il gruppo aveva due obiettivi: condurre una battaglia contro Israele (attraverso il suo braccio armato) e fornire programmi di benessere sociale. Dal 2005, tuttavia, si impegna nel processo politico palestinese.
I suoi sostenitori lo vedono come un movimento di resistenza legittimo. Nel 2006, Hamas vince sorprendentemente le elezioni nel Consiglio Legislativo Palestinese, ma le tensioni con la fazione rivale: Fatah si acuiscono. Scontri mortali tra i due gruppi nel giugno del 2007, dopo che Hamas stabilisce un governo rivale, fanno sì che Fatah e l’autorità palestinese gestiscano parti di West Bank non sotto il controllo israeliano.

Perché Hamas usa gli attacchi suicidi?

Hamas si mette in rilievo dopo la prima intifada come il principale oppositore palestinese agli accordi di pace di Oslo tra Israele e l’OLP.
Malgrado numerose operazioni israeliane contro il gruppo e i provvedimenti restrittivi dell’Autorità Palestinese, Hamas crede fermamente che lanciando attacchi suicidi possa avere un efficace potere di veto su tutto il processo di pace.  Ne riportiamo un esempio: febbraio e marzo 1996: attacchi suicidi sugli autobus, con quasi 60 civili israeliani uccisi, in rappresaglia dell’assassinio nel dicembre del 1995 del fabbricatore di bombe: Yahya Ayyash. Per ciò il gruppo fu ritenuto responsabile di aver provocato un cambiamento di rotta di Israele verso una possibile uscita dal processo di pace e aver portato Benjamin Neatanyahu, grande oppositore degli accordi di Oslo, al potere.

Molti palestinesi acclamarono l’ondata di attacchi suicidi di Hamas nei primi anni della seconda intifada. Essi vedevano il martirio come vendetta per le loro perdite e per la costruzione di insediamenti israeliani a West Bank, voluto dai palestinesi come parte del loro stato.

Struttura della leadership

Hamas

Il gruppo comprende tre “cicli di leadership”. Il primo consiste di leader locali all’interno di West Bank e Gaza. I più famosi: lo sceicco Ahmed Yassin e Abdul Aziz Rantisi che sono stati uccisi da Israele negli anni recenti. Il secondo ciclo include la leadership esterna del gruppo: un bureau politico che include Khaled Mashal e Mousa Abu Marzouk. Il terzo ciclo consiste nella leadership internazionale del movimento globale dei Fratelli Musulmani, che comprende prominenti figure dei Fratelli Musulmani, come Muhammad Akef e Yusuf al – Qaradawi. Questi tre cicli hanno, ognuno, differenti sfere di responsabilità. I due circuiti interni ed esterni giocano un ruolo centrale nella determinazione della strategia di Hamas, delle operazioni terroristiche contro Israele, e il finanziamento di queste attività. Il circuito più interno è maggiormente responsabile per le questioni quotidiane della vita palestinese e costruisce la postura politica di Hamas nei territori attraverso le sue battaglie contro la corruzione ed il supporto per le attività sociali; il circuito più esterno mantiene contatti con i sostenitori internazionali e i finanziatori, incluso le leadership di altre organizzazioni  islamiche e l’Iran.

Composizione

Ha un’ala militare conosciuta come Izz al-Din al-Qassam Brigades che ha condotto molti attacchi anti israeliani sia nei territori palestinesi che in Israele. Questi attacchi hanno incluso una vasta scala di bombardamenti contro obiettivi civili israeliani, attacchi con esplosivi improvvisati sulle strade e attacchi missilistici.

Hamas è composto da elementi amministrativi, caritatevoli, politici e militari, che a loro volta si articolano in altre piccole strutture. Ogni regione è composta da “famiglie” e branche, che rispondono ad un centro amministrativo. I membri di Hamas si raggruppano attorno a quattro categorie generali: intelligentsia, sceicchi (leader religiosi), giovani candidati alla leadership ed attivisti.
Il ramo intelligence realizza sei direttive: sorveglianza degli spacciatori di droga, punisce coloro che sono colpevoli di tradimento, prostituzione o di vendere narcotici; distribuisce le informazioni del gruppo in volantini; pubblicizza le politiche di reclutamento di Israele e le politiche per la collaborazione e avverte la popolazione contro la complicità; gestisce il supporto logistico per l’organizzazione. Monitora anche i crimini nei territori: le attività criminali sono tollerate perché permettono un ampio terreno per il reclutamento di informatori.
Le unità commando hanno 4 obiettivi principali: stabilire le famiglie (usar) e cellule “segrete”; raccogliere informazioni sui militari israeliani; condurre operazioni militari, incluso il rapimento di soldati nemici. I fondatori di Hamas hanno creato, inoltre, altre branche che sono costantemente in contatto tra di loro, ma compiono le loro funzioni all’esterno. Al- Maktab al – I’lami e al – Maktab al – Siyassi: rispettivamente l’ufficio informazioni e politico.
L’ufficio informazione è situato in Giordania, responsabile per la preparazione e la disseminazione di tutti i comunicati stampa che riguardano le dichiarazioni politiche di Hamas. Diffonde anche pubblicazioni in nome di Hamas. L’ufficio politico si occupa delle relazioni estere di Hamas e rappresenta l’organizzazione alle conferenze ed incontri che hanno a che vedere con gli affari palestinesi.

Hamas dov’è?

La forza di Hamas è concentrata nella striscia di Gaza e nelle aree di West Bank.

Supporto e finanziamento

Ci sono numerosi attivisti musulmani che simpatizzano con Hamas, ma si ha una conoscenza limitata circa le loro operazioni. Alcuni di loro forniscono supporto materiale o morale al ramo politico del gruppo. La maggior parte dei fondi di Hamas e gli sforzi sono diretti verso l’assistenza alla popolazione. Hamas gestisce la miglior rete di servizi sociali nella striscia di Gaza. Strutturato e ben organizzato, il gruppo gode di fiducia perché viene percepito come meno corrotto e soggetto al clientelismo (patronage) di altre attori nazionali secolari, specialmente Fatah.  In aggiunta alle donazioni e alla zakat (una tassa obbligatoria del 2,5% dei guadagni di ogni musulmano), attraverso i comitati locali, i sostenitori del gruppo creano piccoli progetti finalizzati a generare piccoli guadagni per permettere un’auto – sufficienza. Ad esempio, la produzione di miele, di formaggio, la manifattura in casa di vestiti . Ed infine destinano una considerevole porzione delle loro risorse per assistere i giovani palestinesi.
Sebbene sia stato scritto molto sulla connessione iraniana e/o saudita con il gruppo, ci sono piccole evidenze sostanziali che corroborano queste affermazioni. Durante i primi anni della rivolta, giornalisti identificarono Hamas come un gruppo islamico appoggiato dai sauditi. L’affermazione che i fondi di Hamas arrivano primariamente da Teheran è iniziata nel 1989, quando Israele per primo decise che il gruppo era una seria minaccia alla sicurezza. Tra i gruppi che hanno esteso l’assistenza ad Hamas ci sono organizzazioni islamiche nel continente indiano, fazioni islamiche in Turchia, Malesia, Afghanistan.

Principali operazioni militari di Israele contro Hamas

Israele ritiene responsabile Hamas di tutti gli attacchi che si generano nella striscia di Gaza e conduce tre campagne militari a Gaza: Operation Cast Lead nel dicembre del 2008, Operation Pillar of Defence nel novembre del 2012 e Operation Protective Edge nel luglio del 2014.
Dai conflitti dal 2008 al 2012 il gruppo emerge militarmente degradato ma con un rinnovato supporto tra i palestinesi a Gaza e West Bank per essersi confrontato con Israele ed essere sopravvissuto.

Hamas continua la sua battaglia malgrado un blocco congiunto imposto su Gaza da Israele e dall’Egitto, diventando sempre più isolato. La caduta di un alleato chiave: il presidente egiziano Mohammed Morsi, nel luglio del 2013 costituisce un ulteriore colpo. Nell’aprile del 2014 con un accordo di riconciliazione con Fatah  forma un governo di unità nazionale.

Chi lo ha inserito nelle lista di organizzazioni terroristiche?

Hamas è designata come organizzazione terroristica da Israele, Stati Uniti, Unione Europea, Canada e Giappone.

Hamas potrà diventare un gruppo moderato?

Molti si chiedono se Hamas possa o meno diventare moderato. Hamas sicuramente mostrerà una flessibilità tattica nel suo approccio alla governance, ma è molto improbabile che cambi qualsiasi dei suoi aspetti di strategia fondamentale. Del resto Khaled Mashal ha dichiarato in diverse occasioni il principale rifiuto di Hamas del diritto di Israele di esistere, in ogni misura, in ogni frontiera.