Gennaio 5 2016

Perché l’Arabia Saudita accresce il conflitto settario?

Arabia Saudita

L’Arabia Saudita sta agendo secondo un manuale di gioco standard nel caso di sfide domestiche e regionali. Attivare il conflitto settario anti – sciita è una mossa familiare che rientra nei suoi sforzi di contenere e isolare l’Iran.

L’Arabia Saudita ingenera una disputa e la fa diventare una questione globale per focalizzare l’attenzione su un nemico familiare nel Medio Oriente: il conflitto settario.

Il conflitto settario è sempre stato una carta utile per regimi violenti ma deboli, per dividere i potenziali oppositori e generare entusiasmo tra i sostenitori.

Ci sembra utile chiarire fin da subito che immischiare l’intensificazione del conflitto settario saudita nelle prominenti politiche della regione è voler ingigantire la faccenda. La sfida dell’Iran e la mobilitazione di passioni settarie sono parte di un libro di gioco standard per Riad, in particolare quando si trova ad affrontare sfide domestiche e regionali.

L’Arabia Saudita può contare sulla (momentanea) stretta relazione con gli Emirati Arabi Uniti (UAE) e la temporanea debolezza delle potenze tradizionali come l’Egitto, la Siria e l’Iraq. I rivali principali dell’Arabia: il Qatar e la Turchia, hanno avuto molti intoppi e rimproveri da parte delle grandi potenze soprattutto per la presunta (mica tanto) copertura di gruppi estremisti come l’ISIS.

Chiaramente l’Arabia Saudita si sente debole: le guerre in Siria e Yemen, la crescita dello stato islamico e l’accordo sul nucleare dell’Iran l’hanno lasciata profondamente vulnerabile. Questa combinazione di forza e vulnerabilità ha dato vita ad una politica estera irregolare, incostante, specialmente con una leadership più aggressiva vogliosa di lasciare il proprio segno.

I fallimenti della politica estera saudita

Punto 1. Ha fallito nel bloccare l’accordo sul nucleare con l’Iran, conosciuto formalmente come il Joint Comprehensive Plan of Action.

Punto 2. La sua politica di appoggiare gli insorti in Siria non ha rimosso Assad, malgrado massicce sofferenze umane, mentre gli insorti si sono radicalizzati ed è emerso l’ISIS.

Punto 3. L’intervento in Yemen è oggi riconosciuto da tutti come un fallimento strategico che ha non ha raggiunto i propri obiettivi. La politica si è polverizzata sotto il peso di enormi perdite di vite umane.

Punto 4. La leadership sunnita. Malgrado l’unità superficiale alla conferenza di Riad per l’opposizione siriana e il supporto congiunto per nuove formazioni di ribelli, il Qatar e la Turchia continuano a competere con l’Arabia Saudita per l’influenza su questi gruppi di insorti. Al di là del Bahrain sembra improbabile che il resto del GCC seguirà la sua guida per inasprire i legami con l’Iran. Anche l’UAE ha solo accordato di diminuire le relazioni con Teheran.

Punto 5. La dominazione dei ribelli siriani da parte di fazioni settarie jihadiste ha creato gruppi potenti con le loro agende: una sfida alla politica della monarchia saudita. La nemesi di lungo tempo con al Qaeda nella penisola araba ha vinto significativamente dal caos in Yemen. La spinta per reprimere e criminalizzare i fratelli musulmani rimane estremamente impopolare.

Cambiamenti strutturali della regione hanno scatenato passioni settarie più difficili da controllare rispetto al passato.

La struttura settaria delle odierne guerre nella regione, in particolare la Siria, è stata permeata a fondo dalla politica dell’identità e dai  discorsi pubblici sul fallimento delle rivoluzioni arabe. Le rivoluzioni arabe del 2011 hanno rivelato una profonda debolezza dietro la violenta facciata degli stati della regione. I regimi autocratici possono aver rovesciato o cooptato le richieste popolari per il cambiamento, ma manca una governace efficace o la legittimità basata su un ampio consenso, quindi l’entità statuale rimane debole ed instabile. Il conflitto settario è rimasto sempre una carta utile per questi regimi violenti ma deboli per dividere i potenziali oppositori e generare entusiasmo tra i sostenitori. Poi ci sono gli stati che sono collassati dando vita a guerre civili: Siria, Yemen, Libia. Il fallimento dello stato, in quanto appunto entità, soggetto internazionale, unitamente al perdurare di guerre civili hanno creato le condizioni ideali affinché il conflitto settario avesse una presa salda su comunità spaventate, arrabbiate e polarizzate. La guerra in Siria è stata il grande incubatore del conflitto settario.

L’accordo nucleare con l’Iran.

L’acutizzarsi delle paure saudite è prima di tutto da ricercarsi nel potenziale successo dell’accordo nucleare con l’Iran. L’Arabia Saudita vede la reintegrazione dell’Iran nell’ordine internazionale e l’evoluzione della relazione con Washington come una profonda minaccia alla sua stessa posizione regionale.

Mobilitare il settarismo anti – sciita è una mossa familiare proprio nello sforzo dell’Arabia Saudita di contenere e isolare l’Iran. I sauditi si sono sempre opposti a ogni maggiore iniziativa politica americana nel Medio Oriente negli ultimi 5 anni. L’incremento del conflitto settario è molto probabilmente visto anche nell’ottica di voler minare gli obiettivi strategici primari americani nella regione come l’accordo con l’Iran appunto, e la fine negoziata alla guerra in Siria, infiammando tensioni in modi che rendono i progressi diplomatici impossibili.

L’Iran testa missili balistici in grado di portare testate nucleari

Mentre  l’Arabia Saudita si preoccupa che l’Iran venga “reintegrata” nell’ordine internazionale, l’Iran conduce due test di missili balistici uno il 10 ottobre 2015 (tre giorni prima che il parlamento iraniano approvasse l’accordo sul nucleare) e un altro il 21 novembre 2015. L’amministrazione Obama era sul punto di annunciare nuove sanzioni su individui e imprese accusate di aver aiutato l’Iran a sviluppare il suo programma missilistico balistico (approssimativamente una dozzina di imprese e individui in Iran, Hong Kong e Emirati Arabi Uniti). All’ultimo minuto, tuttavia, l’amministrazione notifica al Congresso che rimanderà l’imposizione di queste sanzioni, senza spiegazioni.

Tuttavia le sanzioni poi “congelate” da Washington erano relative alla violazione della risoluzione UNSC 1929 e non dell’accordo sul nucleare. La risoluzione approvata nel 2010, prevede al paragrafo 9 che l’Iran non debba compiere nessuna attività relativa ai missili balistici* e gli Stati devono prendere tutte le misure necessarie per prevenire il trasferimento di tecnologia o assistenza tecnologica all’Iran relativa a queste attività.

A metà dicembre 2015 un comitato di esperti delle Nazioni Unite (NU) conclude che il lancio di ottobre viola la risoluzione 1929. Ironicamente, il rapporto fu diffuso lo stesso giorno in cui l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, decide di terminare la sua indagine sulle attività nucleari dell’Iran, avendo concluso che non c’era nessuna evidenza che l’Iran avesse condotto ricerche su armi nucleari dal 2009. Sebbene il rapport NU non è pubblico il  Wall Street Journal riporta alcuni dettagli: il missile balistico era una versione migliorata di precedenti missili, con una portata di 1,300 km con un carico fino a 1,400 km ed una migliore capacità di manovra nel momento di discesa sull’obiettivo. L’Iran è presumibilmente interessata allo sviluppo della sua capacità di missili balistici come meccanismo per lanciare testate nucleari, questo spiega perché il test di questi tipi di missili violerebbe la risoluzione 1929.  Rouhani ha dichiarato che non solo lo continuerà, ma lo espanderà. Il test di novembre, reso pubblico il 7 dicembre, riguarda Ghadr – 110, missile è anche capace di portare una testata nucleare.

Navi iraniane dagli angoli dello stretto di Hormuz, porta per il Golfo Persico, hanno lanciato un missile vicino alla portaerei americana Truman, una mossa che gli americani hanno definito parecchio provocatoria. Questi due avvenimenti messi a sistema ci dicono che le relazioni Iran – Stati Uniti non appaiono migliorate di molto e anzi la loro strada è lastricata di trappole.

*Un missile balistico – ‘espressione inglese corrispondente è Ballistic Missile – è un missile che ha una traiettoria di volo balistica, di tipo suborbitale. Il suo scopo è il trasporto di una o più testate (anche nucleari) su un predeterminato obiettivo.