Novembre 23 2014

La Romania e il suo nuovo Presidente

Per chi non lo sapesse proprio in questo mese di novembre ci sono state le elezioni presidenziali in Romania. Perché ci interessa? Beh la Romania è la frontiera dell’est dell’Unione Europea (UE) e la sua politica estera è estremamente importante specialmente nelle sue relazioni con la Moldavia e l’Ucraina. Ci interessa perché la società civile romena ha iniziato a capire cosa sia la partecipazione democratica e la classe politica, malgrado i problemi di corruzione e le spinte alla conservazione dello status quo, hanno dato vita ad un cambiamento. Esattamente quello che non avviene in Italia, dove abbiamo un primo ministro che nessuno ha eletto e partiti che oggi ci sono domani no ed un presidente della Repubblica che è decisamente “agée”.  In Italia la parola “Repubblica” è rimasta solo sulla carta costituzionale. Ma torniamo alla Romania.

Il nuovo presidente è Klaus Iohannis. Non vi sembra strano questo nome? E’ un signore tedesco i cui parenti fanno parte della piccola comunità tedesca in Romania. Un talentuoso manager ex sindaco di Sibiu una cittadina della Trasilvania trasformata proprio da lui in una punta di diamante del turismo. Il “tedesco” come lo chiamano anche i suoi elettori nei suoi primi interventi come presidente della Romania asserisce che le relazioni con l’Ucraina e la Russia dovranno essere decise in accordo con l’UE e la Nato.

Un  tema che presto potrebbe essere riaperto nel parlamento romeno è sullo status del Kosovo. Un piccolo aiutino, Iohannis non ha mai tenuto segreti i suoi buonissimi rapporti con la famigerata e molto discussa leader tedesca Angela Merkel e il partito che sostiene il presidente non avrà problemi a schierarsi in favore del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.

Se Bucarest tenesse questa posizione sul Kosovo causerebbe un effetto domino tra coloro che non l’hanno riconosciuto e quindi avrebbe un impatto sull’ allargamento dell’UE nel suo insieme? A parte il fatto che il riconoscimento non è certo il più grande ostacolo né alla via del Kosovo né della Serbia nell’UE. La questione invece cambia se anche la Moldavia si mette nel cestone dell’allargamento (Chisinau intende sottoporre la documentazione come membro dell’EU nel 2015). Il futuro dell’allargamento dell’UE potrebbe essere più roseo delle previsioni, ma certo Putin avrebbe  qualche cosa da dire in proposito.

Cosa ci dice l’elezione del “Tedesco”: il potere della società civile. L’elezione ha visto un’incredibile mobilitazione sociale, malgrado i problemi di voto dei romeni[1] all’estero.

Per molti anni, i critici dell’UE hanno puntato il dito su paesi come la Romania e hanno usato questi stati come i “deficit democratici” come argomentazione contro l’allargamento dell’UE.  Con questa elezione però i cittadini della Romania hanno dimostrato di voler abbandonare il vecchio post – comunismo, il populismo, raggiungendo un grado di maturità in grado di poter discernere quale candidato offre le migliori policy e quali seguire. Questa elezione ci dimostra che gli elettori possono essere persuasi ad andare a votare in massa e che le elezioni possono produrre un risultato diverso da quello che ci aspetta.

Ma tutto questo ci dice una cosa ancora più importante: la democrazia in Romania funziona. I diversi gruppi etnici hanno votato Iohannis malgrado i tentativi del primo ministro Ponta di usare la macchina statale contro le elezioni presidenziali. Il Presidente è eletto con voto diretto, ma condivide il potere esecutivo con il primo ministro e quando i due appartengono a partiti politici differenti allora si crea una rivalità ancora più ampia.

La mobilitazione ha dimostrato che la società romena è in grado di punire ogni tentativo di usare l’apparato statale per gli interessi partitici e che il consolidamento del pensiero democratico è iniziato.

Le elezioni presidenziali in Romania parlano anche di noi italiani: malgrado i sistemi diversi, in Italia non eleggiamo il presidente della Repubblica direttamente, abbiamo un sistema elettorale desueto che non si decidono a cambiare, non abbiamo un presidente del consiglio espressione di libere elezioni; ci dicono che critichiamo spesso gli altri Stati con stereotipi : “ i romeni sono tutti ladri” confondendo etnia con popolazione. Ebbene il popolo romeno si è mobilitato ha fatto sentire la sua voce è ha eletto il presidente che voleva per cambiare, noi che facciamo?

[1] Venuta meno l’ideologia che vedeva nella comune discendenza dall’impero romano un motivo per sostenere romeno, la scelta fra le due varianti può essere ricondotta al solo piano formale per cui, di contro alla ragione etimologica e alla tradizione letteraria a sostegno di rumeno, si pongono a favore di romeno la simmetria con Romania e la maggiore adesione alla lingua romena. Si può scegliere: in questo stesso sito potete trovare usate entrambe le forme. (dall’Accademia della Crusca: si dice romeno o rumeno?)