Aprile 29 2017

Attori solitari: l’arma subdola dell’Islamic State

attori solitari
Gli attori solitari sono una delle armi più subdole dell’IS. Tornati o mai partiti, adolescenti, uomini e donne che anche senza ordine preciso dell’IS colpiscono in suo nome.

Innanzitutto chiariamo cosa vuol dire il termine “attore solitario”. Esso connota qualcuno che agisce senza connessione diretta con l’organizzazione estremista. Tuttavia, anche se potrebbe trarre in inganno, la frase è comunemente usata per riferirsi alle persone che agiscono individualmente o in piccole cellule con il minimo supporto da parte del gruppo estremista che usa la tattica del terrorismo.

La potente proiezione dell’IS esercita una spinta gravitazionale su persone vulnerabili in tutto il mondo, ma non tutte queste persone entrano nella sua orbita. Alcuni non possono viaggiare fino in Medio Oriente perché impediti da circostanze personali, ostacoli esterni o mancanza di immaginazione. Vista la non partecipazione al progetto IS all’estero, alcuni decidono di partecipare a casa, attraverso atti di violenza.

Fin dagli inizi l’IS prevede l’utilizzo di “operazioni esterne”

Nel marzo del 2014, quando in Occidente pochissimi contemplavano un intervento in Siria ed in Iraq, l’IS già si avvaleva di operativi che lavoravano alla causa del “caos” nelle società di tutto il mondo. A maggio, un cittadino francese di discendenza algerina, Mehdi Nemmouche colpisce ed uccide 4 persone nel museo ebraico del Belgio prima di sparire dalla scena. Quando fu arrestato in una stazione ferroviaria in Francia, qualche giorno dopo, la polizia trova nel suo bagaglio un video che lo ritrae con la bandiera dell’IS  mentre rivendica la responsabilità dell’attacco.
La velocità delle “operazioni esterne” dell’IS aumenta significativamente. Gli incidenti assumono diverse forme. Cittadino inglese di 19 anni  che viene arrestato per le strade di Londra con addosso un coltello, un martello e una bandiera dell’IS. In Francia due ragazze adolescenti, di 15 e 17 anni, vengono arrestate perché pianificavano di mettere una bomba della sinagoga a Lione. In Australia la polizia arresta 15 persone in una serie di interventi della polizia perché progettavano di decapitare a caso una serie di cittadini australiani e avvolgere i loro corpi con la bandiera dell’IS per poi mostrarli al pubblico. Il piano era stato diretto per telefono da un reclutatore australiano dell’ISIS in Siria.

Il richiamo ufficiale agli attori solitari di tutto il mondo

E’ il portavoce dell’IS, Abu Muhammad al Adnani (ucciso recentemente da un drone americano), che sollecita i sostenitori di tutto il mondo ad alzarsi e a rispondere agli attacchi aerei dell’occidente compiendo attentati contro ogni cittadino dei Paesi a cui appartengono e che fanno parte della coalizione anti IS:

Lone wolves

Distruggete il loro letto. Se tu puoi uccidere un miscredente americano o europeo – specialmente i perfidi francesi – oppure un australiano, un canadese o ogni altro miscredente della guerra dei miscredenti (…) poi conta su Allah, e uccidilo in ogni maniera o modo. Non chiedere a nessuno consiglio e non cercare il verdetto di nessuno. Uccidi il miscredente che sia civile o militare. Rompigli la testa con una roccia, o massacralo con un coltello, o passagli sopra con una macchina, o o buttalo giù da un posto alto oppure strangolalo o avvelenalo. Se non sei capace di farlo, allora brucia la sua casa, la sua macchina, il suo luogo di lavoro. Oppure distruggi le sue armi”.

Dal momento della diffusione di questo messaggio in poi, si sono susseguiti una serie di attacchi: un 18 enne pugnala due poliziotti; il 25 enne Martin Couture – Rouleau investe con la sua macchina due soldati canadesi in un parcheggio, in Quebec, per poi uscire dalla macchina armato di coltello. Uno dopo l’altro, giorno dopo giorno. Il 32enne americano, Zale Thompson, attacca due poliziotti newyorkesi con un’ascia; per citarne alcuni. Attacchi che continuano per tutto il 2015.

L’uso degli attori solitari pone l’IS in una posizione di supremazia rispetto agli altri gruppi estremisti di natura religiosa

Per anni Al Qaeda aveva incoraggiato questo tipo di attacchi, con raro successo. Gli attori solitari inspirati da Al Qaeda si sono sempre focalizzati su obiettivi militari ovvero edifici governativi. Molte reti ispirate ad Al Qaeda ma non connesse ad esso, hanno discusso apertamente sul loro disagio a proposito di obiettivi i civili.

La messaggistica dell’IS ha un diverso tipo di sofisticazione. Laddove Al Qaeda incastonava il tono dei suoi messaggi per potenziali reclute in termini più relativi: “fare la cosa giusta”, l’IS cerca di stimolare più che convincere. La sua propaganda e i suoi materiali di reclutamento sono enormemente viscerali, da scene di violenza grafica a visioni pastorali di una società utopica che sembra fiorire, in qualche modo, nel mezzo di una zona di guerra.

Le sfide poste dal fenomeno degli attori solitari 

Il fenomeno degli attori solitari pone essenzialmente due tipi di sfide. La prima: i combattenti  che ritornano o per accordo con la direzione dell’IS o per scelta propria, presentano in sé un alto rischio. Essi possono condurre attacchi in vece del gruppo in tutto il mondo.
La seconda sfida è quella che presenta punti più contraddittori. Nel protrarsi del conflitto in Siria ed in Iraq, soprattutto, vengono a galla sempre più rapporti di combattenti (cittadini di stati occidentali) che, disillusi dal conflitto, vogliono tornare a casa. Interesse dei governi occidentali è vedere come individui radicali si disimpegnino dalla loro causa estremista. Alcuni combattenti possono essere stati lusingati da un’offerta di un accordo di cooperazione, ma questo quasi sempre prevede che trascorra comunque un significativo lasso di tempo in prigione. Mentre un combattente può essere disilluso con la causa o con l’esperienza, potrebbe comunque disprezzare le politiche occidentali e non essere incline a tornare dai suoi amici di un tempo. La  Danimarca ha lanciato iniziative di de – radicalizzazione per ex combattenti dell’IS, altri Paesi considerano l’opportunità di adottare simili programmi, ma questi sforzi possono essere inficiati da ampi quesiti senza risposta che riguardano l’effettività e i rischi di questo tipo di programmi. Inoltre, c’è una difficile questione di responsabilità: la giustizia vuole che ci siano conseguenze per i crimini, particolarmente per quelli atroci commessi sotto la bandiera dell’IS. Per incentivare le defezioni è necessario permettere che questi crimini restino impuniti?

Gli studi condotti sul fenomeno dei combattenti occidentali che appartengono a gruppi estremisti di natura religiosa non sono confortanti. Il più famoso è quello condotto da Hegghammer nel 2013. Ci rivela che, nella storia dell’intero movimento jihadista, pochi militanti occidentali hanno lasciato perdere definitivamente la tattica del terrorismo una volta lasciato il campo di battaglia. Anzi, la presenza di ex combattenti in un piano terroristico aumenta la probabilità che il piano sia di successo e ne aumenta significativamente la letalità.

Non esistono soluzioni come prendere una medicina per far passare la febbre.  L’arma subdola degli attori solitari ha radici nella ricerca di un’identità, dell’appartenenza ad un gruppo, nel seguire una causa comune, in tutta quella messaggistica di cui parlavamo prima sull’idea di una società che fiorisce anche in zone si guerra. Non si tratta di dire è giusto o sbagliato e ricondurre tutto ai “buoni contro i cattivi”. L’identità nazionale, il senso di appartenenza, il sistema di valori sono campi a cui le nostre società “occidentali” hanno abdicato in favore del qualunquismo e del menefreghismo, del tutti contro tutti. Del denigrare a tutti costi senza un percorso di confronto costruttivo. Nel lasciare intere sacche della società abbandonate a sé stesse, sperando che qualcun’altro se ne occupi. La soluzione forse è dove non la si cerca mai, nel degrado dei valori che procede inarrestabile.

Gennaio 31 2016

Wars of terror: dynamics and affiliates

guerra del terrore

The rise of the Islamic state together with the resilience of Al Qaeda has a lot to do with local dynamics that lead the choices of the affiliate of both groups, much more than  ideology.

The ideology is important when it is necessary to assess a threat, it steers the group’s relations, it drives the trajectory of the attacks and the motivations of individual actors, as the history of the militant Salafism has shown. As these kind of groups offer the ideology as a rationale for activities and actions, the ideological explanation can be sometimes preferred to less esoteric realities. As result, factors as money, infrastructure, people, resources, sense of legitimacy and benefit real and perceived – all can lead to political alliances – are often overlooked. Less attention is given to the sustainability of the alliances even though militant Salafist groups compete more often one against the other.

Wars of terror: local dynamics

Wars of the terror which sees the rise of the Islamic state and the resilience of Al Qaeda, the struggle for the leadership of the global jihad movement, has much to do with local factors.
Conversely from Al Qaeda, the Islamic state cannot rely on a longstanding network of emissaries or funder through which it can build favor in a region or fund itself in dark times.
The relations between individuals and longstanding connections in particular regions are important, not only for funding, but also to maintain the authority and the influence network. Al Qaeda, for example, is resilient in Yemen and in Somalia because its links and its presence in both countries, in terms of people and infrastructures, go back 20 years ago. The emissaries of Al Qaeda have generally operated in both countries without much interference.
The “localism” is the heart of the ISIS state building model. To avoid that jihadist movements, continue to exploit the internal anger, frustration, disenchantment and offer to punish the authorities perceived as oppressive, trying to substitute the control system, the regional powers, as Iran and Saudi Arabia, should break the borders of their old politics and pursue the multilateralism. Despite the nuclear deal, it should be not permitted to Iran to freely continue so support dictators or make operative armed militias to strengthen its interest in the Middle East and obstruct the sunni influence.
Al Qaeda from its side, covertly, but always in an increasingly way, has used the “localism” to develop its roots in the communities ripped by conflicts facing the absence of a governance. However, the loss of the senior leadership could catalyse a process of internal disintegration. The decline of the loyalty on a new leadership could push the lower ranks of the organization in a competition with ISIS imitating the more brutal practices.
These internal processes of transformation should, in my opinion, be exploited, because they could increase the internal debate which has the potential to catalyse on opposite positions and lead the disintegration of the affiliates in small factions thus more vulnerable targets.
On the other side, the strategy of the Islamic state moves on the loss of the Al Qaeda central leadership, especially after the Mullah Omar death, and it will continue to challenge the credibility of Al Qaeda as traditional leader of the lesser jihad. The Islamic state could try to acquire more affiliate than Al Qaeda or dismantle them encouraging the defection. Al – Shabab appears to be the more vulnerable and the resilience of Al Qaeda in Arabian Peninsula, despite the al – Wuhayshi death could be tested, intensifying the sectarian dynamics in Yemen. Wars of terror in the global jihadist movement move exploiting the local dynamic of the region.

The dynamics of ISIS and Al Qaeda affiliates

The pledge of loyalty of jihadist groups should not be seen as compulsory or durable, rather as a temporary condition. When the fortune of a group disappears or the leadership change, the alliances shift rapidly toward new formations that prove to be more convenient to the group or to the leader. Prestige, money, manpower: there are the forces that drive the alliances more than the ideology.

The problem with the affiliates of both groups is that as long as Al Qaeda and the Islamic state can distribute money to their affiliates, these would follow them, but when the money would fall short, the affiliates would look elsewhere to sustain themselves: the distant ones would search for new sponsors or they would create new enterprises.
Inevitably, some affiliates would look at states willing to fund them in proxy war against their enemies. Iran, instead of fighting Islamic state in Syria, could be much more interested in supporting terrorism of the Islamic state within the borders of Saudi Arabia. It is worth considering that Iran uses Hezbollah as proxy to support and maintain the Assad regime. Saudi Arabia can easily use AQAP as ally against the Houthi (supported by Iran) in Yemen. The African states could find more easy to pay jihadist groups that threat their countries rather than face persistent attacks in their cities. When the money falls short, Al Qaeda and Islamic state affiliates would take money from their ideological enemies without hesitation if they share the same interests in the short term.
It remains essential to keep in mind that focusing on global assessment on a wide range lead to the exclusion of regional nuances and local dynamics and these are the factors that can determine the rise and fall of organizations as Al Qaeda and ISIS; these aspects drive wars of the terror.