Aprile 6 2016

Iraq: i civili tra l’avanzata delle forze irachene e l’ISIS

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Iraq: civili che restano intrappolati tra l’avanzata delle forze governative e l’ISIS, paralisi politica e crisi finanziaria. Si pensa all’ISIS, ma chi pensa alla ricostruzione dell’Iraq?

Ci si dimentica facilmente di ciò che non è vicino a noi e così dell’Iraq, dove si combatte per liberare le città dall’ISIS, non si parla più. Eppure proprio la settimana scorsa, decine di centinaia di civili iracheni sono rimasti intrappolati tra l’avanzamento delle forze governative nella battaglia contro lo stato islamico nella provincia occidentale di Anbar. Così come rivela il portavoce del contro – terrorismo iracheno al The Guardian, i civili sono letteralmente intrappolati tra le linee delle forze governative e gli estremisti.

I civili nel mezzo dei due fronti di combattimento

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La scorsa settimana gli attacchi aerei della coalizione sono stati circa 17. I comandanti preparano i piani di evacuazione per le famiglie, le forze irachene lanciano volantini per informare i civili di quali strade possono percorrere in maniera sicura, ma pare che questo non sia sufficiente a prevenire che i civili restino intrappolati.

L’ISIS però aveva già dimostrato, nella battaglia di Ramadi, che all’avanzamento delle forze governative irachene loro indietreggiavano e prendevano in ostaggio civili, rallentando significativamente l’avanzamento delle truppe di terra. Mentre il centro di Ramadi è stato dichiarato sotto il controllo del governo lo scorso dicembre è stato soltanto due giorni dopo che le forze irachene e della coalizione hanno potuto dire che la città era pienamente liberata.

L’ Iraq rivuole Mosul

Le forze militari irachene stanno facendo quel genere di operazioni che la coalizione a guida americana definisce: shaping operations” prima di pianificare l’offensiva per riprendere Mosul. Le forze irachene sono riuscite a spingere fuori l’ISIS da alcuni villaggi vicino a Makhmour. La settimana scorsa si è celebrata la vittoria della “riconquista” della città di Kubaisa nella provincia di Anbar dalle mani dell’ISIS.

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Gli Stati Uniti hanno impiegato assetti aggiuntivi in Iraq l’artiglieria a Makhmur e sistemi avanzati lancia missili. Ci sono circa 5000 soldati americani in Iraq.

La paralisi politica

Il primo ministro Abadi ha commesso un bel po’ di passi falsi: non si è consultato con i personaggi influenti prima di annunciare la sua agenda di riforme. Ha ripetuto lo stesso errore annunciando un rimpasto di governo, vedendosi svanire nel nulla il suo sforzo perché osteggiato da vari partiti politici in particolare dai gruppi sciiti rivali.
Lo staff del primo ministro sta lavorando su una serie di riforme politiche ed economiche di lungo termine, le riforme strutturali sebbene necessarie richiedono inevitabilmente un lungo periodo di tempo prima che possano mostrare dei risultati.
La riconciliazione tra sunniti e sciiti rimane fievole. Il presidente Fuad Massoum ha riunito un comitato sulla riconciliazione per cercare di spingere in avanti il processo, ma il comitato si incontra raramente e quando lo fa non raggiunge che poco. I leader sunniti sono contenti della volontà di Abadi di decentralizzare l’autorità e le risorse ai governatori delle province di Anbar e di Salah al – Din per aiutare la ricostruzione di Ramadi e Tikrit, ma continuano a guardarlo con sospetto, temendo che queste risorse sostituiscano la possibilità di avere un posto al tavolo a Baghdad.
La leadership sunnita rimante fortemente frammentata, ma il governo fa pochi sforzi per unificarli.

La crisi finanziaria dell’Iraq rimane acuta risultato di prezzi del petrolio persistentemente bassi. Inoltre, le frustranti lungaggini burocratiche e l’aumento di problemi di sicurezza nel sud Iraq (risultato dello spostamento delle forze di sicurezza irachene a nord, per combattere l’ISIS), hanno creato grandi problemi alle compagnie petrolifere internazionali che operano nel sud del paese.
L’Iraq sta negoziando con il Fondo Monetario Internazionale un aiuto finanziario che dovrebbe ammontare complessivamente a più di 9 miliardi di dollari.

Se solo si implementasse la famigerata PHASE IV

E’ un fatto assolutamente acclarato e più volte sottolineato dagli analisti politici di tutto il mondo che la vittoria contro lo stato islamico potrebbe risultare effimera se non si crea un contesto politico che traduce le vittorie militari tattiche in obiettivi politici.
Si parla di Mosul, di toglierla dalle mani dell’ISIS, ma non si è mai sentito parlare di un piano di ricostruzione e stabilizzazione. Ricordiamoci che la famosa fase IV dei piani cioè quella appunto di ricostruzione e stabilizzazione nell’invasione dell’Iraq del 2003, non era stata evidentemente articolata e meno che mai fornita delle risorse necessarie, visto il catastrofico fallimento del post invasione nei successivi 3 anni. Non metto in dubbio che la fase sia stata pianificata effettivamente dai militari, ma evidentemente mai realizzata dalla parte civile, quando i militari si sono ritirati. Il ritorno alla guerra civile nella metà del 2014 è il risultato inevitabile di questi fallimenti, di entrambe le parti, civile e militare. Se si sta pianificando la riconquista di Mosul, e allora costruiamo un piano per la fase successiva, dandogli le risorse adeguate, piano che sarebbe stato meglio pianificare nello stesso momento in cui si pensava di riprendere Mosul.
Il grave problema è che il compito della missione della coalizione, della campagna militare, è quello di distruggere l’ISIS. Stabilizzare l’Iraq sembra essere un compito meno importante, e questo vuol dire meno risorse e meno attenzione. Forse sarà che è difficile imparare dal passato, ma il fatto di distruggere l’ISIS non significa automaticamente che tutti gli estremisti cadano in un buco nero, spazio – tempo, ma potrebbe presumibilmente verificarsi la nascita di una nuova formazione estremista, proprio dalle sue ceneri come fu per AQI (al Qaeda in Iraq) e poi ISIS.

La stabilizzazione e la ricostruzione è quella in cui il fulcro sono i civili. Le città, prima conquistate dall’ISIS, soggiogate ai suoi dettami, poi riconquistate dalle forze governative, non possiamo certo immaginare che non abbiamo bisogno di risorse specifiche o che siano intonse come quando furono costruite.