Febbraio 2 2016

Caucus Iowa: la politica americana al voto

caucus Iowa

Dopo lo Iowa, il partito democratico e la Clinton affrontano una feroce sfida ideologica, mentre la vecchia guardia dei repubblicani si confronta con gli assalti tradizionali di Cruz e gli attacchi non convenzionali di Trump.

Leggendo i giornali italiani questa mattina, mi rendo conto che non è chiaro il processo elettorale americano, meno chiaro evidentemente è il sistema di scelta dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti. Ho cercato di spiegare in un articolo: “6 semplici passi per capire come funziona il caucus” cosa è il sistema caucus. Qui mi voglio spingere oltre, in una tabella, vi spiego la differenza tra caucus e primarie negli Stati Uniti. Tanto per essere precisi e non incorrere nei titoloni dei nostri giornali: Primarie Usa: Clinton vince a fatica

 

caucus Iowa

Detto questo, cerchiamo invece di capire a che punto si trovano i partiti americani nella corsa per le elezioni presidenziali in autunno.

Caucus Iowa: cosa ci dice

Ieri, alla fine della serata l’establishment democratico e Hillary Clinton hanno apparentemente tenuto botta, come si dice a Roma, con l’ex segretario di stato che sembra sconfiggere il senatore Bernie Sanders, un sedicente socialista democratico che canalizza le ire populiste. Sul fronte repubblicano, il senatore Ted Cruz, una nemesi dell’establishment repubblicano, prevale nel caucus Iowa nel modo tradizionale: raccogliendo i voti degli evangelici e dei social conservatori e Donald Trump, il magnate della televisione verità, si è piazzato al secondo posto (28 – 24%) che vuol dire che metà dei votanti repubblicani si sono ribellati alle ridicolaggini.
Questo è l’anno degli “esterni”. Trump è entrato nella gara repubblicana chiamando tutti idioti e ha fatto diventare il partito repubblicano l’ultima estensione dell’”impero Trump”. Cruz una volta un avvocato aziendale (che è sposato con una dirigente di Goldman Sachs) ha fatto campagna elettorale finora come un pio tiratore di bombe entusiasta di prendere lo status del “non facciamo niente noi politici di Washington”. Bernie Sanders, un senatore 74enne del Vermont che un anno fa, neanche democratico, si scontra con l’incoronazione di Hillary Clinton, con la sua chiamata per una “rivoluzione politica” che farebbe finire in mille pezzi le grandi banche, farebbe svanire la classe dei multi miliardari, per poi dire una piccola unica preghiera per il sistema sanitario e per il college gratis per tutti gli americani.

Vediamo più da vicino chi sono questi candidati

Sanders, con il suo richiamo a fare fuori l’establishment dai grandi uomini d’affari, che  asserisce, fortemente, che la Clinton è parte di un sistema corrotto. Lui è stato capace di avvantaggiarsi di un pre esistente e anche irrequieto blocco ideologico all’interno dell’elettorato democratico: i progressisti. Secondo un sondaggio dell’anno scorso, il 44% dei democratici si fa chiamare liberali, quindi ogni candidato democratico che sinceramente sfida la Clinton, con un entusiasta appeal progressista, avrà l’opportunità di vedere la sfida. I fieri sostenitori di Sanders, il cui essere di sinistra non è stato mai messo in dubbio, lo hanno seguito e dove la Clinton, il cui progressismo è stato spesso dibattuto, sembrava incespicare e fallire nell’inspirare i più giovani e i più liberali, Sanders ha avutolo spazio necessario per presentarsi come il modello di vero progressista di quest’anno.

Dimentichiamo per un attimo il caucus Iowa, che non è certo un evento rappresentativo, e guardiamo alle stime delle votazioni nazionali per i democratici. La Clinton è in testa su Sanders del 52% contro il 37%. Anche se Sanders è maledettamente vicino a quel 40% che è stato a lungo associato all’ala progressista, e l’ha sorpassato nello Iowa, non è così probabile che lo faccia nello New Hampshire dove i tre recenti sondaggi hanno messo in testa la Clinton tra il 20 ed il 31%. Nel lungo termine resterà al di sopra del 40%, particolarmente in quegli stati dove ci sono elettorati diversi, cioè più persone di colore e più votanti latini. Sarà in questi contesti che si vedrà se Sanders ha riformato il partito.

Cruz: ha fatto qualcosa di simile a Sanders. Si è appellato al blocco ideologico che anela ad un campione. Con il collasso di Ben Carson, Cruz è stato in grado di consolidare attorno a sé molto del voto conservatore.

Trump non sta dichiarando una guerra ideologica. Come esiste una base progressiva nel partito democratico, c’è un fondamento conservatore nei repubblicani, di quegli eroi dell’ala destra che hanno vinto i contesti repubblicani presidenziali (rispettivamente nel 1964 e nel 1980) radunando le radici conservatrici dei repubblicani.  Il gioco di Trump non è diventare il leader dell’ala conservatrice del partito, lui sta dichiarando una guerra culturale, non una ribellione ideologica e tutti quelli che non sono d’accordo con lui sono stupidi. Con la sua campagna elettorale, la politica è personale. Le sue ricette politiche, se così si possono chiamare, non si attagliano ad una chiara linea ideologica. Richiama al Muro, vuole meno tasse, si oppone agli accordi commerciali sponsorizzati dal Big Business, condanna la corruzione di Washington, deride l’invasione americana in Iraq, ma promette di distruggere l’ISIS  con una massiccia (“non ci crederete quanto grande” ) forza militare. Di tutto un po’! La base del suo supporto è in quelle persone che hanno passato gli ultimi 8 anni a detestare Obama. Questo odio per Obama è stato incoraggiato e sfruttato dai repubblicani che hanno ottenuto potere a Washington con il tea party. I votanti repubblicani che hanno “comprato” la propaganda repubblicana per cui Obama ha distrutto gli Stati Uniti, non sono elettori che vogliono una crociata che citi la Costituzione e che presenti argomenti intellettualmente sensati per meno tasse e più piccoli governi. Cercano un “capo dello sfogo” che è furioso tanto quando loro e che promette che lui e la nazione vinceranno, vinceranno, vinceranno.

La conquista del partito repubblicano stava andando bene finché non è arrivato Cruz, che ha anche lui cercato di capitalizzare il risentimento dell’ala di destra, migliore di Trump nel caucus Iowa. Adesso Trump deve provarci maggiormente e sarà interessante vedere come gli elettori risponderanno ad un “diminuito” Trump. E’ ancora posizionato bene nello New Hampshire e dopo questo, perché non vincere in Sud Carolina, Nevada e poi negli stati del sud?Per ora nessuno sa dirci quando la bolla Trump esploderà o se può tornare al vertice con quello che probabilmente sarà uno sforzo enorme per infiammare le passioni di elettori arrabbiati.

 

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Pubblicato Febbraio 2, 2016 da barbarafaccenda nella categoria "politica internazionale", "Stati Uniti

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Esperto politica internazionale

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